Francesco e Bartholomeos. La primavera ecumenica

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La Stampa, 15 maggio 2013
di ENZO BIANCHI
Ricerca dell’unità visibile dei cristiani, testimonianza resa alla “grazia a caro prezzo” che è tesoro di chi “segue povero il Cristo povero”, responsabilità

La Stampa, 15 maggio 2013

Quando ha sentito papa Francesco che, appena eletto, sottolineava il suo essere “vescovo di Roma, la chiesa che presiede nella carità”, il patriarca ecumenico Bartholomeos I non ha avuto esitazione e ha deciso che si sarebbe recato a Roma – primo arcivescovo di Costantinopoli a farlo dopo la separazione del 1054 – alla liturgia di inizio del pontificato. E così è stato, offrendo ai cristiani e al mondo un segno tangibile di come la carità fraterna possa superare diffidenze, calcoli di opportunità, antichi motivi di attrito. Ho avuto il dono di poter parlare a lungo personalmente con il patriarca Bartholomeos a Roma, prima di partecipare alla messa in piazza San Pietro e di essere poi ricevuti da papa Francesco: il comune sentire, la sofferenza condivisa per il ritardo nel ristabilire l’unità visibile dei cristiani, la speranza di una rinnovata stagione di dialogo e di fraternità hanno segnato quei momenti, così come hanno animato le ore trascorse dal patriarca a Bose in un pomeriggio di grazia per la mia comunità e per quanti hanno voluto condividere la gioia e la preghiera di quel momento.    

Nel suo incontro con papa Francesco, Bartholomeos I ha usato parole che esprimono una sintesi di tutto il ministero patriarcale esercitato da ventidue anni e che vede l’unità delle Chiese cristiane come «la prima e la più importante delle nostre preoccupazioni» e «sicuramente uno dei presupposti fondamentali affinché la nostra testimonianza cristiana possa essere credibile agli occhi dei vicini e dei lontani». D’altro canto, anche l’accoglienza riservatagli da papa Francesco è andata al di là della forma protocollare – come ormai abbiamo imparato essere prassi costante del nuovo papa – per rivolgersi al patriarca in tutta spontaneità con l’appellativo di «mio caro fratello Andrea», riconoscendo così pubblicamente il legame fraterno che, nell’unica fede apostolica, unisce la sede dell’Antica Roma a quella di Costantinopoli, “Nuova Roma”.

In una stagione in cui, nonostante tutti i sinceri sforzi da parte di molti cristiani di buona volontà appartenenti a diverse confessioni, il dialogo ecumenico sembrava irrimediabilmente raffreddato da molteplici segni che contraddicevano il cammino verso la comunione, questi eventi recentissimi risvegliano la speranza di una nuova primavera.

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