L'evento si trasforma in esempio
di ENZO BIANCHI
Sì, sembra proprio che quanto abbiamo visto fare e sentito dire da papa Francesco in questi suoi giorni brasiliani possa costituire
La Stampa, 28 luglio 2013
di ENZO BIANCHI
Che le Gmg abbiano una rilevanza ecclesiale e mediatica eccezionale e capace di andare ben al di là dei loro destinatari primi, i giovani, è un dato ormai assodato. Così come è scontato che le personalità dei papi che le celebrano – dall'iniziatore Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI fino a Francesco – conferiscano loro accenti e sottolineature diverse. Qual è allora la cifra che emerge da eventi, gesti e parole che si stanno succedendo a Rio in un crescendo incontenibile? Papa Francesco è partito con una cartella in mano e nessun portaborse, con un'utilitaria assunta ad ammiraglia e bloccata nel traffico, e ha proseguito con appuntamenti non previsti nel programma: la celebrazione nel santuario dell'Aparecida, l'incontro con i giovani argentini, simpaticamente invitati a «fare casino» e, soprattutto, la visita nella favela di Varginha – così simile alle «villas miserias» di Buenos Aires – e poi ancora l'incontro con alcuni giovani detenuti e la Via crucis in cui hanno trovato voce le vittime della storia, assimilate alla passione di Cristo. Altri segni eloquenti, possiamo esserne certi, non mancheranno di caratterizzare questa giornata conclusiva.In tutte queste omelie o discorsi a braccio, le parole di Francesco risuonano con intensità sugli stessi temi: l'amore infinito e folle di Dio per gli uomini, l'attenzione ai poveri e i sofferenti «carne di Cristo» nella storia, la vita cristiana come scelta di vita anti-idolatrica e antimondana, vita differente da quella del "così fan tutti".
Ancora vorrei sostare su un elemento di peculiarità dello stile di papa Francesco: la sua capacità di unire gesti e parole, semplici e di immediata comprensione. Giovanni Paolo II entrava in empatia con le folle di giovani e meno giovani attraverso la grandiosità di una scena dominata dalla sua figura di indomito combattente e confessore della fede, a volte persino a prescindere dalla parole pronunciate – sicché vi era persino chi diceva che la folla «applaudiva il cantante ma non ascoltava la canzone» – come emerse emblematicamente negli ultimi tempi della sua malattia, quando la sofferenza e l'afonia del papa anziano e provato rappresentarono un messaggio più eloquente di qualsiasi discorso. Benedetto XVI dal canto suo conquistava l'uditorio con discorsi di profonda spiritualità e di robusta teologia, al punto che è lecito ipotizzare che avrebbero conosciuto lo stesso decisivo impatto anche se fossero stati trasmessi solo per radio o messi per iscritto. Papa Francesco – per indole, sensibilità e prassi pastorale proprie – riesce a vivere l'incontro con le folle dei fedeli come se il protagonista dell'evento non fosse il papa, ma proprio il popolo dei fedeli stretto attorno al suo pastore. E in questo abbraccio non solo ideale ma anche fisico, mescola sapientemente piccoli gesti quotidiani – una carezza, un sorriso, un chinarsi sui piccoli e i sofferenti, un fermarsi per guardare negli occhi qualcuno – a parole di presa immediata: frasi lapidarie del Vangelo, certo, ma anche battute di spirito, ricordi della nonna, proverbi ed esempi tratti dalla vita di tutti i giorni, così simili alle parabole di Gesù...
- 1
- 2
Pubblicato su: La Stampa