L’ultima obbedienza che ci fa più uomini
di ENZO BIANCHI
Pensare di avere chi nella morte intercede per noi come una madre, e intercede presso il Cristo che incontriamo, è un buon esercizio per sentire la morte come sorella
Avvenire, 27 ottobre 2013
di ENZO BIANCHI
Morte, giudizio, inferno, paradiso: così suonava la risposta del Catechismo alla domanda sui novissimi, cioè sulle realtà ultimissime che attendono ogni uomo. Su queste colonne abbiamo già sostato sul giudizio e sul paradiso, ma in questi giorni che precedono la memoria dei morti vorremmo tentare di leggere la morte come evento umano e cristiano, sapendo che oggi viviamo in un’atmosfera culturale che della morte non vuole più saperne. È perfino banale questa constatazione: la morte è rimossa, è diventata l’unica realtà concretamente “oscena”, che non deve cioè essere vista, contemplata, considerata. Oggi vogliamo evitare di essere testimoni della morte, che tuttavia continua a essere presente nelle nostre vite familiari e di relazione; soprattutto, vogliamo evitare di pensare alla nostra propria morte, che è l’unico evento certo che ci sta davanti.
È significativo un invito fatto da André Comte-Sponville al suo lettore, proprio in un libro che vuole essere una “saggezza” per tutti: “Lettore, coraggio! Per la morte hai tutto il tempo. Innanzitutto impegnati a vivere!”. Non è un caso che anche il vocabolario della morte sia poco frequentato. Si ha una sorta di ritegno a parlare di “morto, morte”; si preferisce dire: “Se n’è andato. È passato di là. Non è più con noi”… Questo accade anche nei funerali, che si dicono ancora cristiani, ma che sovente, soprattutto nel caso di qualche persona importante o di una disgrazia pubblica, sono “eventi” con accenti di spettacolo. In essi, invece di accogliere il mistero della morte, si parla del defunto, ci si indirizza a lui come se fosse ancora vivo, si tenta quasi una rianimazione di cadavere, magari facendo ascoltare a tutti qualche sua parola o, se era un cantante, una sua canzone. Così si cancella la morte dalla nostra vita e dalla prospettiva tanto necessaria nella ricerca di un senso, di una direzione verso cui camminare.
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