Caro Diogneto - 5

WIILIAM CONGDON, Pentecoste
WIILIAM CONGDON, Pentecoste
JESUS, maggio 2009
di ENZO BIANCHI
La Parola del Signore oggi è abbondante, come in tante altre stagioni della Chiesa, anche e forse soprattutto perché cristiani di ogni lingua e popolo sono diventati con la loro testimonianza fedele “lettere viventi”

JESUS, maggio 2009

Articoli del Priore su riviste

Questi ultimi tempi sono contrassegnati per i cattolici di molti paesi occidentali da un disagio e da una sofferenza legati a eventi e dichiarazioni che hanno suscitato reazioni forti ed emozioni intense sia all’interno che all’esterno della Chiesa: hanno sofferto semplici cattolici e cristiani, hanno sofferto i vescovi, ha sofferto anche il papa. Sono questi giorni cattivi? Ma anche i giorni dell’esilio e della schiavitù a Babilonia diventarono giorni di purificazione e di nuova creazione, fino a sfociare in un “nuovo esodo” con canti di gioia. Anche attraverso vie strette, deserti ed esilii, Dio ci fa sempre capire qualcosa di più: non temiamo, dunque, ma come sta scritto: “Sentinella, a che punto è la notte? Verrà il mattino ma è ancora notte: domandate, convertitevi, venite!” (Is 21,11-12)

In quest’ottica una costatazione mi pare emergere dalle recenti vicende ecclesiali: questi non sono giorni cattivi per la Chiesa, ma giorni di speranza. La Chiesa, infatti, ha un unico criterio per giudicare se la stagione che vive è o meno un “tempo di grazia”: la scarsezza o l’abbondanza della parola di Dio. Come leggiamo nella Scrittura, i giorni in cui il ragazzo Samuele “continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli” erano tempi cattivi perché “la parola del Signore era rara in quei giorni” (1Sam 3,1). Oggi invece viviamo in una stagione in cui la Parola di Dio risuona con forza e in abbondanza nella Chiesa e, attraverso di essa, nel mondo. Innanzitutto perché il concilio Vaticano II ha voluto ricollocarla al centro della vita della Chiesa: nella Costituzione dogmatica Dei Verbum troviamo pressanti indicazioni per la venerazione verso le Divine Scritture, per accurate traduzioni nelle varie lingue, perché lo studio della bibbia sia anima della teologia e nutrimento del ministero della Parola, perché tutti i fedeli si accostino con lo studio la preghiera e la liturgia ai testi sacri (cf. DV 21-25)... “così – concludono i padri conciliari – è lecito sperare nuovo impulso alla vita spirituale dall’accresciuta venerazione della Parola di Dio, che ‘permane in eterno’” (DV 26). Con fatica e perseveranza, molti di questi auspici sono diventati progressivamente realtà nei decenni del postconcilio, autentiche pietre miliari di un cammino ormai irreversibile che ha dato frutti copiosi e che continua a offrirne.