Una collana discografica per il Monastero di Bose

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Amadeus, aprile 2010
di EDOARDO TOMASELLI
intervista a ENZO BIANCHI
Volendo raggiungere semplicità e sobrietà, abbiamo trovato una vicinanza tra musiche della Chiesa orientale e della Chiesa latina, e abbiamo cercato di resuscitarle, tenendo conto della situazione attuale

Amadeus, aprile 2010

I lettori di Amadeus conoscono Bose. Hanno letto gli articoli che raccontano la storia di questa comunità monastica nata nel 1968. Conoscono le parole di Enzo Bianchi, priore di bose, e hanno letto dei concerti vesperali che da sempre accompagnano la vita della comunità, con la partecipazione di grandi solisti. Una novità è adesso la pubblicazione di 4 cd (distribuiti da Egea) che raccolgono le musiche che accompagnano la liturgia di Bose:

  "Abbiamo deciso di pubblicare questi dischi come frutto di un lungo lavoro fatto dalla nostra comunità",  spiega Enzo Bianchi, "in più di 40 anni di esercizio di canto dei salmi nella liturgia. Dopo la riforma liturgica del Vaticano II è stato necessario trovare melodie per il canto dei salmi in italiano, e questa nostra ricerca ci è sembrato poter dare a un certo punto un frutto sufficientemente maturo, per aiutare quanti vogliono ascoltare innanzitutto i salmi in italiano, cantati, come avveniva un tempo in gregoriano in tutti i monasteri; e poi per aiutare quanti vogliono pregare a casa, accompagnando la loro preghiera con la nostra. Questi dischi sono anche una risposta alla domanda di tanti nostri amici e ospiti che ci chiedono di offrire loro un frutto della nostra ricerca e della nostra preghiera."

7adbf57c386a2e23477b2ce7b5f36e27.jpgBenedetto XVI, in più occasioni si è lamentato del fatto che il gregoriano e la musica sacra siano sempre più distanti dalla liturgia. Ha scritto: "Non più musica sacra... ma solo musica d'uso, canzonette, facili melodie, cose correnti... dove si scaccia la bellezza e ci si assoggetta solo all'utile... 

 Papa Benedetto XVI interpreta, credo, un grande bisogno presente nella Chiesa, dopo la riforma liturgica, di una musica adeguata alla liturgia. Purtroppo nel momento in cui si è dovuto tralasciare il gregoriano, perché non era adattabile ai testi tradotti in italiano, una certa “mondanità” è entrata nella musica liturgica. A volte si sono immessi nella liturgia cammini musicali adatti per “canzonette”, come dice il Papa. Non è stato sempre così: per rispondere a questa esigenza, nei monasteri – soprattutto quelli francesi - c’è stata una grande ricerca. Le melodie che noi a Bose usiamo sono molto vicine al gregoriano – quasi una loro continuazione - ricreano una atmosfera che è propria della liturgia, in cui c’è adorazione, c’è riverenza di Dio, c’è il timore di Dio. Sovente tutto questo è chiamato “sacro”, nel senso che, all’interno della liturgia, anche la musica deve essere uno strumento perché sia possibile quel “culto razionale” – come chiede san Paolo - in Spirito e verità, il quale ha assolutamente bisogno di un clima musicale che permetta l’adorazione, la lode, la glorificazione, l’invocazione del Signore.

674c2a8bb796c01719c363c1c8a90999.jpgQuello che colpisce, nell'ascolto dei canti di Bose, è la loro semplicità e sobrietà.

 All’interno del monachesimo c’è sempre stata la ricerca della semplicità come condizione perché possa fiorire la bellezza. Nella nostra comunità, poi, ha un certo peso la spiritualità benedettina, interpretata soprattutto da Bernardo di Chiaravalle, in cui è la semplicità, è la “bella povertà” che produce la bellezza. Noi siamo stati molto fedeli a questa sobrietà, a questa semplicità, e abbiamo cercato di far fiorire la bellezza proprio come una forma di gratuità a partire dalla semplicità. All’interno della liturgia il grande protagonista è sempre il Signore, noi dobbiamo solo predisporre tutto nella semplicità. Più è semplice quello che noi facciamo, meno noi siamo protagonisti, e più appare la gratuità di tutta l’azione del Signore che opera efficacemente.

Nella presentazione della vostra raccolta si parla di canti che uniscono tradizioni musicali e spirituali d'oriente e occidente, attraverso un "rinnovamento nella continuità". In che senso?

Nei primi secoli, in oriente e in occidente, le musiche con cui si cantava all’interno della Chiesa erano molto simili: la radice era comune e non c’era la differenza che si è creata nei secoli successivi. Volendo raggiungere semplicità e sobrietà, abbiamo trovato una vicinanza tra musiche della Chiesa orientale e della Chiesa latina, e abbiamo cercato di resuscitarle, tenendo conto della situazione attuale, in modo che ci sia rinnovamento, ma all’interno della continuità. Nella liturgia si ha bisogno della continuità, la musica non può essere innovata improvvisamente. In una comunità, solo se c’è anzitutto ricezione di una musica che permetta e aiuti la preghiera, che inveri il culto, è possibile anche la nascita di una creazione originale.

07007ef6def77fc154931d9068d03350.jpgPerché la musica ha un ruolo così di primo piano nella vostra comunità?

La musica è un linguaggio, è una espressione: i nostri sensi non sono solo la vista, il tatto, il gusto ma c’è anche l’udito, che spesso dimentichiamo, e che deve partecipare assolutamente alla nostra vita, deve essere coinvolto all’interno della liturgia. Un’attenzione alla musica, ai musicisti, anche contemporanei, ci ha portato a conoscere grandi personalità come Arvo Pärt e Giya Kancheli: sono stati in mezzo a noi, sono nostri amici, abbiamo ascoltato a Bose i concerti delle loro opere. Crediamo che in questa ricerca, soprattutto da Arvo Pärt in poi, è possibile di nuovo raggiungere un ambiente carico di significato per la liturgia. Allora si crea davvero una specie di osmosi tra la musica che viene composta da questi contemporanei e quello che sta al cuore della nostra vita spirituale, come ricerca di Dio da parte dell’uomo di oggi.