Caro Diogneto - 31
di ENZO BIANCHI
L’eucaristia è il magistero del “ma voi non così!”, della differenza cristiana, perché vuole plasmarci in uomini e donne eucaristici, capaci cioè di vivere e spendere la vita a servizio degli altri
JESUS, luglio 2011
Abbiamo già espresso su queste colonne la nostra sofferenza per la liturgia che dovrebbe essere luogo di comunione ed è diventata luogo di conflitto nella chiesa, ma proprio perché crediamo che l’eucarestia è il dono più grande che il Signore Gesù ci ha lasciato, vogliamo ancora ascoltarla e lasciarci istruire dal suo magistero silenzioso ma eloquente.
In quasi tutte le comunità cattoliche l’eucarestia è celebrata quotidianamente. Nei giorni feriali poche persone vi partecipano: sovente sono donne e anziane – anche loro sempre di meno – pochi gli uomini, praticamente assenti i giovani. Qualcuno potrà lamentarsi che vengono celebrate in modo troppo quotidiano, che manca la ricchezza del canto o della festa, che sono prive di una bellezza capace di meravigliare, che non si impongono e non richiamano spettatori... Eppure, se celebrate seriamente e con consapevolezza, saranno “umili” eucaristie ma sempre con la verità di “cene del Signore”. Sì, povere e umili celebrazioni, ma il criterio per giudicarle non è la loro capacità di “fascino”, bensì se fanno risuonare per quanti vi partecipano l’“evangelo”, la buona notizia della morte e risurrezione di Gesù Cristo, se sono fonte di fiducia per la vita, fonte di speranza per il futuro, fonte di amore fraterno nella vita di famiglia e negli incontri, nel tessuto sociale dove i cristiani sono collocati, vivendo e lavorando con gli altri uomini. Sì, questa è la vera domanda che ci dobbiamo porre davanti all’eucaristia: la sua celebrazione determina qualcosa nella nostra vita, cambia i nostri pensieri e i nostri atteggiamenti sempre tentati dalla mondanità, converte le nostre vite?
È certamente molto importante, anzi decisivo, interessarsi sul “come” l’eucaristia è celebrata, ma non dobbiamo mai dimenticare che tutto ciò che noi predisponiamo o operiamo per la celebrazione può avere un solo fine: immergerci nella dinamica del mistero pasquale, quell’evento che Gesù ha raccontato con parole e gesti sul pane e sul vino. Ricordiamoci allora che partecipare all’eucarestia è innanzitutto accogliere l’invito alla “tavola del Signore” (1Cor 10,21): è il Signore vivente che invita noi, poveri e peccatori bisognosi della sua misericordia, malati assetati di guarigione, affaticati e stanchi in cerca di riposo, umiliati e ultimi che anelano a essere riconosciuti e accettati senza doverlo meritare... Tutti diciamo: “Signore, non sono degno...”. Così il pane è dato a tutti, icona della condivisione, ispirazione e comando di condivisione di tutti i frutti della terra e del lavoro umano, affinché non ci siano bisognosi nella comunità in cui si vive (cf. At 4,32).
- 1
- 2