Dalla messa tridentina alla riforma liturgica del Vaticano II
Conclusione
Dunque, è cambiata la messa? Sì, è cambiata nella sua forma, come sempre è cambiata nelle diverse epoche della storia della chiesa; nel contempo, però, la messa è la stessa in una continuità ben più profonda della lingua o dei gesti con i quali è eseguita. In verità, per chi vive una fede autenticamente cristiana ed ecclesiale, la liturgia della Parola non è mutata da quella dell’assemblea presieduta da Esdra al ritorno dall’esilio (cf. Ne 8), e la liturgia eucaristica è sempre la stessa, dallo spezzare il pane della comunità di Gerusalemme nell’ora della Pasqua fino a oggi. Nel mio cuore vi è pertanto un’enorme gratitudine per il concilio Vaticano II e per Paolo VI che hanno operato la riforma in fedeltà alla tradizione, alla grande tradizione cristiana, ma non ho sentimenti depressivi né tanto meno negativi ricordando la messa come era celebrata prima della riforma conciliare.
Quarant’anni fa coglievo nella riforma liturgica soprattutto le novità; oggi riconosco soprattutto la continuità, la tradizione che si accresce e si rinnova per non morire o decadere, ma che sa sempre conservare la stessa messa, la stessa celebrazione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Quarant’anni fa la messa era per me il sacrificio della croce: oggi è ancora il sacrificio della croce, che ha come esito la resurrezione, la vittoria di Cristo sul male e sulla morte. Oggi nella messa vivo con più consapevolezza il mistero pasquale, rinnovo l’alleanza con il Signore, offro a Dio la mia vita, il mio corpo in sacrificio (cf. Rm 12,1), offro tutta la creazione con un’epiclesi, invocazione allo Spirito santo affinché trasfiguri questa creazione in regno dei cieli. E resto convinto che ci saranno altri sviluppi, altri accrescimenti e mutamenti nella liturgia, perché la liturgia, come la chiesa, è semper reformanda. Tutto questo però in una continuità che ha come riferimento la grande tradizione dell’oriente e dell’occidente e che completerà ciò che mancherà, correggerà ciò che sarà necessario, arricchirà ciò che apparirà misero.
La Rivista del Clero Italiano, n°3 (2012)
di ENZO BIANCHI