Caro Diogneto - 46

Bose, 30 gennaio 2009
card. Carlo M. Martini
JESUS, ottobre 2012
di ENZO BIANCHI
Benedetto XVI ha scritto su Martini le parole più vere e discrete: è stato “un uomo di Dio”. Uomo di Dio perché totalmente affidato, offerto a Dio e alla sua signoria
JESUS, ottobre 2012
di ENZO BIANCHI

“Apocalisse” non significa quello che si intende nel linguaggio corrente, bensì l’operazione con cui si toglie il velo, viene rivelato qualcosa che era nascosto, si comprende con evidenza ciò che prima non era possibile vedere. Sovente nella vita cristiana ci sono “apocalissi”, sia a livello ecclesiale che a livello personale. Ora, la morte del card. Carlo M. Martini è stata un’apocalisse su di lui e sulla chiesa italiana nelle sue varie componenti. È stato infatti estremamente significativo che la sua sepoltura sia avvenuta il giorno della festa liturgica di san Gregorio Magno, il vescovo di Roma che ci ha lasciato un modello esemplare del servizio di comunione nella chiesa quale “servo dei servi di Dio”.

Carlo M. Martini amava molto questo padre della chiesa che esercitò il ministero in un momento buio della storia dell’occidente, conservando uno spirito pieno di speranza nella storia guidata dal Signore dell’universo anche quando la crisi di un mondo, quello romano, era ormai grave. Gregorio è stato il vescovo che ha continuato a essere assiduo alla lettura orante della parola di Dio: “la Scrittura cresce con chi la legge” fu l’esperienza che trasmise ai suoi fratelli e, munito di tale luce, non si spaventò né di fronte ai barbari né di fronte alla vastità della missione che si apriva nei loro confronti e nelle loro terre lontane. La “Regola pastorale” scritta da Gregorio è stato il primo libro meditato da Martini dopo la sua inattesa elezione a vescovo, da quel testo trasse il suo motto episcopale - “Propter veritatem adversa diligere” - e a quella Regola Martini tornava sovente per trarre illuminazione e ispirazione nel suo ministero.