Commento al Compendio del Catechismo - 34

Famiglia cristiana, 14 aprile 2013
di ENZO BIANCHI
Le distrazioni non tolgono efficacia alla preghiera, perché essa resta un atto di amore fatto con gratuità. Certamente occorre lottare contro di esse, ma senza farne un’ossessione: occorre saperle integrare nella preghiera, “gettarle in Dio” (cf. 1Pt 5,7), cioè trasformarle in occasioni di preghiera.
Famiglia cristiana, 14 aprile 2013
ENZO BIANCHI

 

Quali sono le difficoltà della preghiera?
La distrazione è la difficoltà abituale della nostra preghiera. Essa distoglie dall’attenzione a Dio, e può anche rivelare ciò a cui siamo attaccati. Il nostro cuore allora deve tornare umilmente al Signore. La preghiera è spesso insidiata dall’aridità, il cui superamento permette nella fede di aderire al Signore anche senza una consolazione sensibile. L’accidia è una forma di pigrizia spirituale dovuta al rilassamento della vigilanza e alla mancata custodia del cuore.

(Compendio del Catechismo n. 573)

 

Avere distrazioni fa parte della psiche umana e ci vuole molto esercizio per imparare a concentrarsi unificando la mente, il cuore e il corpo. È normale che anche durante la preghiera sorgano distrazioni: le preoccupazioni, gli echi della vita quotidiana, così come le molte presenze che abitano nelle nostre profondità, emergono e si manifestano con forza non appena si entra nella solitudine e nel silenzio necessari alla preghiera.

Pregando, è inevitabile che si incontrino distrazioni, ma esse non possono essere una scusa per non pregare: le distrazioni non tolgono efficacia alla preghiera, perché essa resta un atto di amore fatto con gratuità. Certamente occorre lottare contro di esse, ma senza farne un’ossessione: occorre saperle integrare nella preghiera, “gettarle in Dio” (cf. 1Pt 5,7), cioè trasformarle in occasioni di preghiera. Si tratta spesso di capovolgere le distrazioni in occasioni di preghiera: questa ci perderà in unità, ma ne beneficerà in ricchezza.

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