La parola al mondo
di ENZO BIANCHI
In fondo il mondo aspetta con ansia dal successore del pescatore di Galilea una sola cosa: il Vangelo della pace e della misericordia
Era già successo per la morte di Giovanni XXIII e si è ora ripetuto con accenti anche inediti: al capezzale di papa Giovanni Paolo II morente non c’erano solo i cattolici e i cristiani in preghiera, ma anche molti uomini e donne appartenenti ad altre religioni, anch’essi in preghiera, e tantissimi altri che, pur incapaci a pregare, partecipavano nella tristezza a quell’evento. E così si può dire che in questi giorni, accanto ai credenti che pregano perché il Signore conceda alla chiesa cattolica un papa secondo la sua volontà, ci sono tanti uomini e donne che restano a loro volta in attesa, guardando all’evento dell’elezione con cuore fiducioso che anche le loro speranze possano lì trovare una risposta. Sì, dovremmo essere più consapevoli del fatto che il mondo ormai guarda al successore di Pietro come una voce che, nel suo esprimersi, lo riguarda, una voce che sovente dà voce all’impossibilità di molti a farsi sentire, una voce che si esprime per tutti senza mai cedere alla logica del “contro” alcuni.
Soprattutto nell’ultimo secolo, un secolo in cui si sono accumulate stragi, guerre, violenze, genocidi, la voce del papa si è levata sempre e con forza, cercando di parlare non solo ai potenti di questo mondo, ma anche – secondo un’espressione inaugurata da papa Giovanni – agli “uomini di buona volontà”. Certo, negli eventi che riguardano la vita del papa c’è stato e ci sarà un effetto creato dai media, ma è innegabile che oggi nel mondo sono molti coloro che si aspettano “qualcosa” dal papa. È un fatto unico, da assumere non con toni trionfalistici, ma con uno spirito ricco di ringraziamento al Signore che dà voce a chi annuncia, anche a caro prezzo, la buona notizia del vangelo agli uomini.
Ma cos’è questo “qualcosa” così atteso? Innanzitutto, la pace. E più sono poveri, più attendono la pace. Una delle ragioni per cui Giovanni Paolo II è diventato una presenza stimata, amata in tante popolazioni e culture è proprio il suo ministero di pace: è lui che ha impedito l’uso del nome di Dio nelle contrapposizioni politiche e nelle guerre, è lui che ha impedito lo scontro di civiltà, distinguendo il cristianesimo come religione di pace da un occidente che si dice cristiano, che è radicato nel cristianesimo ma che non è stato capace di pace. La pace che ha osato annunciare il papa è frutto della giustizia, di una giustizia in cui è presente l’istanza del perdono e della riconciliazione: quelli che su tutta la terra soffrono a causa della guerra hanno colto tutta la portata di questo messaggio del papa. Ed è allora normale che si attendano dal nuovo papa che prosegua con coraggio e profezia questo ministero della pace e quest’opera di riconciliazione.
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