Trasfigurazione del Signore
Omelia di ENZO BIANCHI
In questa omelia che precede la professione monastica di due nostri fratelli, vorrei proprio sostare su questa necessità della vita spirituale, della vita cristiana e della vita monastica: vigilare, vegliare
Bose, 6 agosto 2011
Professione monastica definitiva
di Fr. MARCELLO BUSETTO e Fr. LORENZO SILVESTRI
Ascolta l'omelia
di ENZO BIANCHI, Priore di Bose
Mt 17, 1-9
Carissimi fratelli e sorelle, monaci e monache venuti per manifestare la nostra comunione, amici e ospiti,
nel buio di questa santa notte noi cantiamo la luce, la vera luce del mondo, Gesù Cristo, nostro Signore. Perché siamo qui convergenti in uno stesso luogo? Perché siamo qui in quest’ora così insolita? Perché vogliamo insieme vegliare, insieme ascoltare, insieme cantare, insieme pregare? A causa di Gesù Cristo, a causa di Gesù Cristo. Questa è la sola ragione che ci muove, ci determina e ci conduce a dire parole comuni, a fare azioni e segni comuni: Gesù Cristo, il Signore. Egli è qui vivente, glorioso in mezzo a noi. Noi non lo vediamo con i nostri occhi, ma siamo convinti della sua presenza, e con gli occhi della nostra povera fede, se vegliamo, se siamo attenti, possiamo vederlo, e possiamo gridare con lo stesso stupore del discepolo amato: «È il Signore (Gv 21,7), è in mezzo a noi!». Per vederlo con gli occhi della fede dobbiamo semplicemente ascoltare il vangelo, accogliere il vangelo, fino a diventare testimoni di ciò che il vangelo narra.
Eccoci allora sul monte, perché siamo stati presi e portati da Gesù come i tre discepoli; e davanti a noi Gesù, l’umanissimo Gesù, il debole e fragile uomo di Galilea. Ma quest’uomo è trasfigurato, «metemorfóthe» (Mt 17,2), cambia aspetto, lo vediamo altrimenti e vediamo la sua gloria. Come Pietro, Giacomo e Giovanni vediamo altrimenti, ma non sappiamo dire, non sappiamo descrivere questa nostra esperienza di fede. Eppure noi crediamo in Gesù, noi facciamo esperienza di lui, noi addirittura percepiamo, anche se soltanto a tratti, la sua gloria; con le nostre capacità, ma anche con le nostre ottiche diverse, sempre però incapaci di narrare l’inenarrabile. Possiamo soltanto dire che lo vediamo nella fede come Signore vivente per sempre, che ci viene incontro nella luce e con le braccia aperte ci vuole accogliere in un abbraccio.