Visita ai monasteri del Monte Athos

11 - 17 settembre 2017

Dall’11 al 17 settembre tre fratelli della nostra comunità, fr. Luigi, fr. GianMarco e fr. Federico, si sono recati al Monte Athos per un pellegrinaggio che ha toccato alcuni dei monasteri di questa “repubblica monastica” sorta più di mille anni fa nella lingua più orientale della penisola Calcidica. Da molti anni la comunità di Bose ha un rapporto fraterno di comunione monastica con i monasteri dell’Athos, iniziata a partire dagli anni Sessanta con una prolungata sosta di fr. Enzo, e successivamente con i pellegrinaggi di fratelli più giovani, accompagnati prima da fr. Lino e in questi ultimi anni da fr. Luigi, per favorire il dialogo con i monaci e la comprensione delle liturgie. In anni remoti e recenti, numerose sono state le visite di monaci athoniti alla nostra comunità: p. Nikiphoros di Mikrà Agia Anna, oggi vescovo della Repubblica Centrafricana per il patriarcato di Alessandria, p. Nikon di Nea Skiti, p. Theotokis del monastero di Simonopetra, attualmente padre spirituale del monastero femminile di Solan, in Francia, che all’ultimo convegno di spiritualità ortodossa ha letto la relazione di p. Elisseos, attuale igumeno di Simonopetra e p. Iakovos.

Il primo monastero visitato, l’ 11 settembre, è stato quello di Zografou, che da sempre rappresenta la presenza bulgara al Monte Athos. Un tempo esso ospitava oltre 200 monaci, ma durante il regime comunista non fu più possibile recarsi dalla Bulgaria al Monte Athos, e nel 1989 il loro numero era crollato a 6. Con la fine del comunismo il monastero è rinato, grazie anche all’impegno dell’igumeno Amvrosius, e attualmente conta 50 monaci. Posto all’interno della penisola, circondato da splendidi boschi di leccio e di alloro, Zografou è di fatto un pezzo di Bulgaria trapiantato in terra greca e, per fr. GianMarco e fr. Federico, il primo luogo in cui hanno incontrato le lunghe liturgie athonite, molto diverse da quelle delle chiese d’Occidente. La diversità delle forme non ha ostacolato, però, la comprensione dello spirito di preghiera che le sostiene; oltre all’udito, sono stati sollecitati l’olfatto, dall’abbondante e ripetuto impiego dell’incenso, e la vista dal ruolo delle candele accese durante le liturgie e dalle icone e gli affreschi, rappresentazione dei santi del cielo che pregano insieme a quelli della terra.

Il 12 settembre i fratelli hanno raggiunto il monastero di Xenofondos dopo essere passati da quello di Dochiariou, e hanno compiuto anche una breve visita al vicino monastero di Pandeleimonos, principale centro della presenza russa all’Athos, che un secolo fa ospitava oltre 2000 monaci il più famoso dei quali, Silvano († 1938), è oggi uno dei santi più venerati nella chiesa ortodossa. L’accoglienza ricevuta a Xenofondos è stata fraterna: appena arrivati, benché l’ora del pasto fosse lontana, i fratelli sono stati invitati a mangiare qualcosa per rifocillarsi, e quindi sono stati alloggiati, per la prima volta, non nei locali riservati agli ospiti ma negli spazi della comunità monastica. La mattina del 13 fr. Luigi, fr. GianMarco e fr. Federico hanno ricevuto un ulteriore dono: un lungo colloquio dall’igumeno di Xenofondos, p. Alexios che, dopo averli accolti con molta amabilità nel suo studio, si è rivolto loro con poche parole ma dense: ogni uomo è creato ad immagine di Dio, senza distinzione di credo, razza, lingua, e dovere del cristiano è amare ogni uomo. Contrario a questo amore di Dio e del prossimo è l’amore di sé, condannato da tutta la tradizione monastica come fonte dei pensieri che distolgono il cristiano dal vero amore. Esso si combatte, ha soggiunto p. Alexios ricordando le parole di un grande spirituale del Monte Athos, Efrem di Katounakia († 1998), recidendo la propria volontà attraverso la sottomissione ad un padre spirituale: questa è la vera opera del monaco. Poco dopo questo incontro i fratelli hanno avuto la gioia di rivedere p. Ezekiel, un monaco conosciuto e amato da tutta la comunità per aver passato, in tempi recenti, alcune settimane da noi: è lui stesso ad accompagnarli a Karyès, la piccola “capitale” del Monte Athos posta a circa 500 metri sul livello del mare, dove visitano il protaton, ossia la chiesa principale del centro, interamente ricoperta dai magnifici affreschi di Manuel Panselinos, pittore del XIII secolo da molti paragonato a Giotto, e quindi, guidati da p. Theofilos, monaco del monastero di Pandokratoros che vi lavora quale archigrammateus (direttore della cancelleria) hanno visitato i locali della ierà epistasia, organo di amministrazione della penisola athonita. P. Theofilos li ha portati quindi con sé al monastero di Pandokratoros, dove sono stati ospitati fino alla mattina seguente.

Nella mattina del 14 fr. Luigi, fr. GianMarco e fr. Federico, salutato p. Theofilos, sono partiti da Pandokratoros: dopo aver visitato i monasteri di Stavronikita, la cui chiesa è ricoperta dagli affreschi di Teofane il cretese, uno dei massimi pittori e iconografici del XVI secolo, e di Iviron, giungono a Mylopotamos, sede di un kathisma (nome dato agli insediamenti monastici più piccoli) in cui vivono due monaci da tempo amici della comunità, p. Epiphanios e p. Ioakim, che con amore e competenza hanno reso Mylopotamos rinomato per la produzione di vino: i nostri fratelli hanno così modo di vivere, accanto all’accoglienza e alla vita dei grandi monasteri, quella più semplice e molto calorosa di una piccola comunità. Il giorno successivo i tre fratelli sono risaliti a piedi verso Karyès e si sono soffermati per una breve preghiera all’eremo di Panagouda, dove abitò per lunghi anni uno dei monaci athoniti più popolari degli ultimi anni, Paisios († 1994), da poco proclamato santo dalla chiesa ortodossa. Hanno poi proseguito verso la Grande Lavra, il più antico monastero della penisola, fondato da sant’Atanasio nel 963, e da qui hanno raggiunto l’estrema punta meridionale della penisola dove sorge l’eremo di p. Iosif, un monaco eremita. P. Iosif ha conversato con loro per mezz’ora circa chiedendo informazioni sull’ultimo convegno di spiritualità ortodossa, di cui aveva ricevuto il programma. E proprio a partire dal tema del convegno, l’ospitalità, e riecheggiando le parole di p. Alexios sull’imperativo di amare ogni uomo, perché creato ad immagine di Dio, ha espresso il suo sconforto per l’attuale chiusura dei governi europei di fronte a chi lascia la propria casa e la propria terra per la guerra, la fame, la miseria.

Sabato 16, penultimo giorno di permanenza all’Athos, è stato il giorno della camminata più impegnativa e più bella del pellegrinaggio: fr. Luigi, fr. GianMarco e fr. Federico hanno lasciato la Grande Lavra prima dell’alba e, lungo un sentiero che sale fin verso i 900 metri d’altezza snodandosi attraverso boschi lussureggianti e pietraie che degradano velocemente verso il mare cristallino, sono giunti a Kafsokalivia, sede di un insediamento monastico sparso in una ventina di unità che accoglie nel complesso circa 30 monaci: qui hanno incontrato il “dikeos” (responsabile amministrativo) della skiti, il monaco Polykarpos, con il quale, dopo essersi rifocillati di acqua e likumi (serviti sempre con generosità) hanno avuto un breve e simpatico colloquio. Da qui hanno poi raggiunto il molo di Simonopetra, monastero che sorge su uno sperone di roccia alto 300 m circa dove fr. Luigi ha soggiornato a lungo qualche anno fa; negli anni la nostra comunità è stata visitata da alcuni monaci di questo monastero tra cui p. Elisseos, attuale igumeno, p. Makarios e p. Iakovos, e ne è nato un rapporto particolarmente intensa. L’accoglienza è stata in effetti calorosa, e dopo la compieta i fratelli hanno avuto l’occasione di dialogare dapprima con p. Makarios, bibliotecario del monastero, e quindi con p. Iakovos: entrambi hanno un ricordo affettuoso della comunità e si sono raccomandati di portare i loro saluti, in particolare a fr. Lino che era stato più volte in visita a Simonopetra. P. Makarios ha illustrato con semplicità la storia recente di Simonopetra accennando anche alle differenze esistenti tra i monasteri, che pure si riconoscono quali eredi di un’unica tradizione. Ha raccontato in particolare dei progressi compiuti dall’arrivo dell’attuale comunità, proveniente dal monastero della Gran Meteora, avvenuto nel 1973: all’epoca nel monastero vivevano meno di dieci monaci molto anziani e gli edifici erano in pessimo stato; oggi, dopo anni di lavori di manutenzione e di restauro, Simonopetra si presenta come uno dei monasteri più curati. P. Iakovos, a sua volta, ha narrato ai fratelli la storia della fondazione del monastero: essa avvenne in seguito ad una visione avuta dal suo fondatore e primo igumeno, s. Simone (da cui il nome del monastero), che contro il parere di molti riuscì nell’intento di costruire un monastero su una roccia scoscesa. Questa roccia, ha osservato p. Iakovos, non lascia spazio ad altro che al monastero, non vi possono crescere alberi né fiori, e così la vita del monaco non ammette distrazioni, rimpianti o consolazioni effimere, perché può essere fondata su una sola roccia, Cristo.

Domenica 17, fr. Luigi, fr. GianMarco e fr. Federico hanno partecipato alla divina liturgia celebrata a partire dalle 4 del mattino; quindi, dopo aver salutato brevemente l’igumeno p. Elisseos, che si è raccomandato di portare i suoi saluti alla comunità, hanno avuto modo di gustare nuovamente l’affetto della comunità di Simonopetra, a conclusione di un pellegrinaggio ricco di suggestioni per i cinque sensi grazie alla natura incontaminata, alla bellezza delle chiese, alla ricchezza delle liturgie e alla partecipazione alle mense dei monasteri, in cui hanno avuto modo di vedere come, nella diversità degli usi e delle prassi, unica sia la fede nel Dio amante degli uomini.