Discorso del Patriarca Bartholomeos I

 

Principalmente tuttavia dobbiamo esaltare il grande profitto  per le attività di studio,  della lunga produzione spirituale orientale, che fino ad oggi era sconosciuta o non compresa in Occidente,  come  le opere dell’araldo della grazia e della luce, San Gregorio Palamas.  Con soddisfazione naturalmente siamo stati informati da tempo della loro traduzione in italiano da parte di Ortodossi  di lingua italiana, cosicché questo santo, equivocato dal mondo Occidentale, trovi anche in Occidente un posto,  degno della ricchezza e della profondità della spiritualità delle sue opere.

Con così tanta soddisfazione vediamo la ricerca  di una vita spirituale pura nella vostra amata Comunità la quale non si limita solo alla visione di un dono comune, ma si volge alla vita interiore, alla lotta per la purificazione dell’uomo dalle passioni  dal di dentro, al coltivare la preghiera, e al coltivare lo studio dei padri non come un arricchimento della conoscenza, ma come uno sforzo di assorbimento  e applicazione del loro spirito  e della loro saggezza.

Questo perché il mistero della conoscenza cristiana si trova nel divenire dell’uomo e soprattutto del monaco, uno spirito con Cristo: “Chi si unisce al Signore forma con lui un solo Spirito” dice l’Apostolo Paolo (1 Cor. 6, 17-18).

Solo in questo modo il monaco può conoscere il meraviglioso mistero del volto teandrico di Cristo e acquisire  nella vita consapevolezza della Verità eterna. Per questo  scopo della vera conoscenza, che è frutto dell’unione  della mente dell’uomo col Cristo desiderato, lo studio e la divulgazione degli scritti dei Santi Padri, i quali attraverso i loro combattimenti ascetici ed il loro vivere al di là della natura, dispensano la parola della verità, - rappresenta un elemento inseparabile dalla vita del monaco. Attraverso la spada  a doppio taglio della Parola di Dio, come  Lui stesso parla attraverso la bocca dei Santi Padri: “Cristo vero Redentore passa attraverso i segreti dell’anima e la fa uscire dalle tenebre d’Egitto e dal giogo pesantissimo e dalla schiavitù amara” (San Macario d’Egitto, Omelia XI, VEPES 41, 200).