Message from Chrysostomos, Metropolitan of Messinia

Chrysostomos, Metropolitan of Messinia
Chrysostomos, Metropolitan of Messinia

Il Metropolita di Messinia,
Chrysostomos

Kalamata, 4 giugno 2014

Santi vescovi, venerati padri, amatissime sorelle e amatissimi fratelli,

con grande gioia saluto l’apertura del XXII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa dall’importante tema ispirato dalle parole del Signore nostro Gesù Cristo: Beati i pacifici (Mt 5,9). Esprimo i miei vivi ringraziamenti a padre Enzo Bianchi, igumeno del santo Monastero di Bose, per l’invito che ho ricevuto a partecipare a questo raduno, ma purtroppo, nonostante il mio desiderio, non mi è possibile essere presente a motivo di precedenti impegni. Insieme ai miei ringraziamenti, esprimo anche le mie congratulazioni a padre Enzo Bianchi, poiché sotto la sua guida, grazie alla sua attività e al suo interessamento, ogni anno viene felicemente organizzato questo Convegno.

Dio viene definito dall’apostolo Paolo come “il Dio della pace” (Fil 4,9), colui che la dona e che ne è la fonte. Dono e offerta d’amore per gli uomini da parte del Salvatore nostro Gesù Cristo, il primo pacifico, il quale, mediante il sacrificio della croce e la sua resurrezione, ha ristabilito il rapporto perturbato dell’uomo con Dio, abbattendo i muri che vi erano tra di loro. Il “principe della pace” (Is 9,6) è crocifisso e risorge per portare la pace vera, cioè la salvezza, la riconciliazione, la nuova vita, non come realtà obbligante, ma come possibilità a cui gli uomini sono chiamati a rispondere concretamente con la rinuncia alle loro meschinità e alle loro passioni davanti alla croce del Pacifico o a rifiutare l’offerta della redenzione determinando così il loro futuro.

In quanto dono di Dio all’uomo, la pace si manifesta nella storia degli uomini; soprattutto nei nostri giorni è così necessaria che da essa dipende la nostra sopravvivenza, ma anche la nostra convivenza con gli “altri” e con i “diversi”. È noto l’ardente desiderio dell’uomo di far prevalere la pace nel mondo tra i popoli e, quando questa si realizza, sia pure temporaneamente, i popoli vivono felici e contenti. Tuttavia questa pace del mondo è diversa da quella pace di cui si parla nella santa Scrittura e che costituisce la base e il fondamento della pace cosmica. E questo perché la pace della Scrittura non si impone come risultato di attività e di sforzi umani che, spesso, allo scopo di superare ostacoli insormontabili per la sua imposizione, fanno ricorso a modi, azioni e mezzi vergognosi, tutt’altro che pacifici. La pace di Dio “dolce stato e dolce nome”, come la chiama Gregorio il Teologo (Discorsi 22,1), dimora nell’uomo attraverso la grazia dello Spirito santo. Essa unisce l’uomo a Dio e stabilisce la comunione con lui, realtà vivente, una comunione d’amore, di pace e di grazia piena di Spirito santo. Così, l’uomo diventa pacifico, portatore e operatore di pace; e poiché ha la pace dentro di sé, diventa portatore di pace ed è in pace con gli altri uomini, ristabilisce e appiana i rapporti tra loro. Di conseguenza la pace dei popoli, la pace del cosmo intero dipende dai rapporti di ciascuno di noi con Dio. La santa Scrittura identifica la pace con Cristo: “egli infatti è la nostra pace” (Ef 2,14), e per questo comprendiamo che la pace cristiana non si esaurisce semplicemente in un sentimento di tranquillità e di quiete dentro l’anima, ma ha un contenuto più profondo e sostanziale, la riconciliazione con Dio e con gli altri uomini.

L’uomo pacifico è posseduto dalla pace, perché la pace stessa implica come sua parte integrante la gioia. L’invito di Gesù risorto alle donne mirrofore era: “Rallegratevi” (Mt 28,9). Tale gioia mostra il cristianesimo come la più bella notizia indirizzata al mondo; per questo l’apostolo Paolo ci esorta tutti “Rallegratevi nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi” (Fil 4,4).