Message de Mgr Roche

XIe Colloque liturgique international
LE CONCILE VATICAN II
Liturgie, Architecture, Art
Bose, 30 mai - 1er juin 2013
Monastère de Bose
Office national Biens culturels ecclésiastiques – CEI
«Rivista Liturgica»

mons. Arthur Roche. Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei SacramentiMESSAGE DE MGR ROCHE
TEXTE ORIGINAL DU MESSAGE EN LANGUE ITALIENNE

Vaticano, 30 maggio 2013

Carissimo Priore Enzo Bianchi,
comunità monastica di Bose,
Reverendo Delegato dell’Ufficio Nazionale
per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI,
Comitato scientifico, Conferenzieri,
Signori e Signore

La centralità della riforma liturgica esprime l’esigenza di spazi adatti che occorre ritrovare, o costruire, con grande libertà di ricerca anche in vani antichi, nella fiducia di trovare sempre un punto di coincidenza di alta qualità fra il rispetto, anzi l’amore, per l’antico, e la liturgia. Subito si commetterà uno sbaglio se il punto di partenza è costituito dall’esigenza dell’arte, decoro, eleganza e coerenza stilistica. È questo che oggi solleva polemiche e dibattiti che non portano a nulla. La riaffermazione di modelli stilistici del passato diventa anacronistica perché questi sono fuori del contesto di una realtà che li ha visti nascere. Dopo il Concilio, si esige di avere, molto chiaro, come punto di partenza sempre quello della necessità di vivere la liturgia attuale predisponendo spazi adatti alla celebrazione “assembleare”, comunitaria, dell’eucaristia e degli altri sacramenti.

I libri liturgici insistono nei Praenotanda che la liturgia debba essere adatta ai fedeli: in essa tutti devono essere circumstantes al mistero celebrato che si materializza visibilmente nell’altare. Questo principio base deve permettere una “partecipazione attiva, cosciente e fruttuosa”. Far diventare questa realtà vera, implica la necessità di luoghi per le celebrazioni –  la Domus Dei – dove lo spirito dal vangelo sia una realtà percepibile. La tentazione della metafora o delle analogie, con remota referenza al Cristianesimo ha alcune volte fatto apparire la domus Dei come un esercizio d’applicazione delle nuove possibilità tecnologiche. Si rimane, forse, a livello del sacro, ma abbiamo bisogno di un sacro in “regime cristiano”, come diceva Yves Congar (1). Vivere, come oggi, in una cultura secolarizzata, anche se esistono remote forme sacrali, non implica un’apertura al generico “sacro” come ideologia, o trasformare questo in una “seduzione sensibile”. Solo una conoscenza seria e fedele della chiesa dei sacramenti potrà non far cadere nella superstizione, come diceva S. Tommaso d’Aquino (2). È compito nostro, cioè dei Cristiani, essere attenti alle nuove forme di superstizione, che ogni tanto prendono la forma di eleganti discorsi dimenticando però che costruire una chiesa o creare un’opera per la chiesa deve essere, prima di tutto, un servizio al popolo sacerdotale (affermazione chiara nel canto d’ingresso di Giovedì Santo, Messa Crismale).

Non è troppo ricordare la strada percorsa nel secolo scorso da parte di alcuni autori importanti che hanno fatto un serio cammino riguardo la liturgia, l’architettura e l’arte. Sempre attuale sarà il pensiero del Padre Régamey, quando nelle sue analisi nella rivista Art sacré collocava prima di tutto l’accordo profondo fra il tema essenziale della semplicità e quello della “santa povertà”, o quando parlava anche delle “speranze dei poveri in spirito”. Cercare, per l’arte e con le arti, una “nobile bellezza” che possa aiutare a trovare il vero mistero cristiano è scoprire, vivere e capire lo spirito delle beatitudini. Forse, per questa via, si potrà trovare una coerenza fra l’arte, la spiritualità e il mistero liturgico.

Dopo tutti questi anni vissuti di multiple esperienze, è possibile – e siamo in tempo – proporre, con prudenza e umiltà, opzioni chiare, in modo da rispondere alla necessità che gli uomini hanno di una “casa/chiesa” per lodare Dio. Senza dimenticare che questa casa è costruita oggi e per gli uomini di oggi, ma il Dio che è lodato è sempre lo stesso: ieri, oggi e domani. Questa “dossologia”, sempre proclamata in ogni celebrazione liturgica, darà la possibilità di riprendere le lezioni del passato e trovare la giusta misura per le soluzioni di oggi.

La Chiesa ha sempre voluto servire questo popolo di Dio che “prega e canta”. In questo modo continua a vigilare con speciale sollecitudine perché la sacra suppellettile possa servire “con la sua dignità e bellezza al decoro del culto, ammettendo nella materia, nella forma e nell’ornamento quei cambiamenti che il progresso della tecnica ha introdotto nel corso dei secoli” (SC 122). La Chiesa è sempre stata attenta a questa valenza “sacramentale” delle arti “liturgiche”, non canonizzando nessuno stile artistico in nessuno tempo. D’altronde Papa Benedetto XVI ha creato il IV Ufficio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, con competenza a trattare le questioni relative all’arte e alla musica per la celebrazione liturgica, secondo quanto stabilito dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium3 .

Questa Congregazione, il suo Prefetto, l’Eminentissimo Cardinale Antonio Cañizares Llovera, ed io stesso, siamo, pertanto, onorati di essere qui oggi rappresentati dal nostro Officiale don José Ribeiro, ringraziandovi al contempo di cuore per questo amabile invito. Saluto cordialmente tutti i partecipanti a questo importante convegno, auspicando che tutti possano veramente essere “apostoli” del Vangelo nel ministero dell’arte. Che questo incontro sia l’occasione propizia per una riflessione teologica, liturgica e architettonica, così da favorire l’evangelizzazione attraverso le arti, specialmente in questo Anno della Fede.

+ ARTHUR  ROCHE
Arcivescovo
Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

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1 Cf. Y. Congar, “Situation du sacré en régime chrétien”, in La liturgie après Vatican II. Bilans, études, prospective, a cura di Y. Congar, J.-P. Jossua, Paris 1967, pp. 385-403.

2 Cf. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, q. 61, a. 1 c.

3 Regolamento, art. n. 12. 1.