Visita alla Chiesa Armena

21 10 05 chiesa armena

Partecipazione di due fratelli di Bose al convegno su “libertà religiosa e pace” organizzato dalla chiesa apostolica armena e visita dei monasteri armeni

Dall’8 all’11 settembre, a nome della nostra comunità, abbiamo partecipato a un importante convegno su Libertà religiosa e pace internazionale organizzato dalla Chiesa Apostolica Armena presso la sede primaziale di Etchmiadzin.

La cattedrale della Chiesa Madre di Etchmiadzin
La cattedrale della Chiesa Madre di Etchmiadzin

Scopo principale del convegno era quello di sensibilizzare l’attenzione internazionale, e soprattutto quella delle chiese e delle istituzioni occidentali, sulla drammatica situazione del territorio dell’Artsakh (noto anche come Nagorno-Karabak) che a seguito del conflitto tra Azerbaigian e Armenia dell’autunno 2020 è stato occupato per oltre metà del suo territorio dall’esercito azero. Se le vicende belliche hanno ricevuto una copertura scarsa e distratta sui media occidentali, gli eventi successivi alla loro fine sono stati completamente ignorati. Pur partendo da questo presupposto, il convegno non si è limitato alla situazione contingente, ma ha inteso allargare il suo orizzonte ad altre aree e alla tematica generale del rapporto tra libertà religiosa e pace (v. programma).

Un momento del convegno
Un momento del convegno

La composizione dei relatori era autenticamente ecumenica. Vi hanno preso la parola, infatti, oltre a diversi vescovi e membri della Chiesa apostolica armena, a cominciare da sua santità il katholikos Karekin II, patriarca di tutti gli Armeni, e al primate della diocesi dell’Artsakh, il vescovo Vrtanes Abrahamyan, numerosi esponenti di diverse chiese, tra cui l’arcivescovo Angaelos primate della diocesi copta-ortodossa di Londra (che già avevamo potuto conoscere e apprezzare dalla sua visita a Bose un paio di anni fa, in occasione dell’ultimo convegno di spiritualità ortodossa), l’arcivescovo Mor George Kourieh, vicario patriarcale del Patriarcato siro-ortodosso per Belgio, Francia e Lussemburgo, l'archimandrita Philaret Bulekov del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, il corepiscopo Patrick Sookdheo della Chiesa siro-ortodossa nel Regno Unito, il vescovo anglicano di Gibilterra Robert Innes, l’arcivescovo José Avelino Bettencourt nunzio apostolico in Georgia, Armenia e Azerbaigian, il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Ioan Sauca, il segretario generale e presidente del Consiglio nazionale delle Chiese negli Usa Jim Wikler, il presidente della Conferenza delle Chiese europee e pastore luterano Christian Krieger, l’archimandrita Ignatios Sotiriadis, segretario della commissione per le relazioni inter-cristiane della Chiesa ortodossa di Grecia, e il presbitero Nikademus Yokhanaev, responsabile della comunità assira presente in Armenia.

I partecipanti insieme a s. Santita il Katholikos Karekin II al centro
I partecipanti insieme a s. Santita il Katholikos Karekin II al centro

Erano anche presenti alcuni dei maggiori esperti mondiali del patrimonio artistico armeno e in generale del Medio Oriente cristiano (tra questi Jasmine Dum-Tragut, Sergio La Porta, e George Kiraz), e inoltre rappresentanti di organizzazioni umanitarie non governative che operano in Armenia e altrove. Tra questi ultimi segnaliamo Caroline Cox, membro indipendente della Camera dei Lord del Regno Unito e fondatrice dell’Humanitarian Aid Relief Trust, che opera in tutto il mondo, soprattutto nelle aree colpite dalle guerre, e che in quest’occasione ha ricevuto un’alta onoreficenza da parte di sua Santità Karekin II, a motivo del suo impegno in favore della Chiesa armena.

Karekin II
Karekin II

Nel suo discorso di apertura del convegno Karekhin II ha affermato:

I concetti di libertà e pace sono vecchi quanto la storia dell'umanità stessa, eppure continuano ad essere attuali, ancora più se si considera che violenza, conflitti e guerre in diverse parti del mondo sono spesso giustificati applicando in modo ingannevole gli stessi concetti di libertà e pace. Secondo il pensiero cristiano, la libertà si manifesta nell'armonia della volontà umana con la volontà dell'Altissimo. È con questa convinzione che l'apostolo Paolo dichiara: "Dove c'è lo Spirito del Signore, c'è la libertà" (2 Corinzi 3,17). Infatti, senza una sublime comprensione religiosa dei concetti di libertà e di pace, è impossibile raggiungere una comprensione e un'attuazione completa delle libertà e dei diritti umani […] Amati, la benedizione di Dio, il progresso nella vita e la gioia si trovano solo nella pace. La speranza del futuro è anche nella pace. Per noi cristiani chiedere la pace e stabilire la pace significa testimoniare di Cristo. Il messaggio del nostro Signore e Salvatore è: "Siate in pace gli uni con gli altri" (Marco 9:50). Infatti, i nostri passi verso la pace sono un'espressione della nostra fede in Dio, perché la fede stessa è un'alleanza di pace con Dio. La pace può portare frutto e persistere solo attraverso l'applicazione della giustizia. Una pace forzata, senza giustizia, genera dolore e sofferenza invece che bene. Genera anche odio e inimicizia nella vita umana. Nonostante la consapevolezza e l'aspirazione universale del bisogno di libertà e di pace, la violenza, le guerre, l'odio etnico, l'inimicizia all'interno delle nazioni e i crimini mondiali basati su di essi non sono stati ancora superati nel mondo fino ad oggi. Inoltre, tali azioni continuano ad essere eseguite utilizzando le più recenti conquiste scientifiche e tecnologiche (v. qui per testo completo in inglese).

A sua volta p. Ioan Sauca, nel suo intervento pronunciato a nome del Consiglio ecumenico delle Chiese, facendo riferimento alle difficoltà vissute dalla Chiesa armena in conseguenza della guerra e all’appello da essa rivolto alle altre chiese, ha assicurato la loro solidarietà, perché

quando un membro della nostra compagine ecumenica soffre, tutti gli altri membri soffrono con lui: le loro intercessioni, le manifestazioni di solidarietà e il sostegno al membro sofferente rendono visibile il loro crescere nella comunione

In riferimento poi all’argomento specifico del convegno ha sottolineato che

il significato che i siti sacri tradizionali hanno per i credenti e le loro comunità, la loro importanza perché la libertà religiosa sia concreta ed effettiva e per la promozione e la tutela della pace incontrano un riconoscimento sempre maggiore […] La nostra identità di credenti è in effetti in un rapporto strettissimo con il nostro patrimonio religioso e con i nostri luoghi di culto: è una caratteristica comune a tutti gli uomini, al di là della fede di ciascuno.

Il convegno, pur affrontando un argomento non facile e con continui riferimenti a realtà dolorose per diverse comunità cristiane dell’Oriente, si è svolto in un’atmosfera di dialogo partecipato e fraterno. A questo hanno contribuito, oltre ai momenti fraterni di scambio e alle cene genersamente offerte a tutti i partecipanti da sua santità Karekhin II e dal comitato organizzatore del convegno, anche i brevi ma significativi momenti di preghiera comune.

In particolare, venerdì 10 settembre abbiamo potuto partecipare a un ufficio del “sorgere della luce”presieduto da sua Santità presso il battistero della Chiesa Madre dedicato ai santi Vartan e Giovanni, e cantato dall’ampio coro dei diaconi della cattedrale patriarcale, nel corso del quale il vescovo anglicano Robert Innes ha rivolto all’assemblea un sermone sul tema di Cristo “Luce del Mondo”:

Nel nostro incontro, abbiamo un ruolo nell'aprirci nuovamente alla luce e nel permettere a quella luce di risplendere nell'oscurità che è così evidente nella storia e nel mondo di oggi.Dobbiamo capovolgere le pietre, aprire l'oscurità e far entrare la luce... Quanto sarebbe facile lasciarci affossare dalle tenebre, disperare per la disumanità dell'uomo nei confronti dell'uomo, e perdere la speranza sotto il peso del peccato umano, anche considerando gli ultimi centoventi anni di storia europea!Ma la luce risplende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno vinta e non la vinceranno! Come il sole che ogni giorno sorge con l'aurora, così Cristo risorge dal sepolcro e risorge nei nostri cuori portando nuova vita e nuova speranza.

Visita ufficiale dal presidente della Repubblica di Armenia Armen Sarkissian
Visita ufficiale dal presidente della Repubblica di Armenia Armen Sarkissian

Lo stesso giorno i membri del convegno, guidati dall’arcivescovo vescovo Nathan Hovhanissyan e dall’archimandrita Garegin Hambardzumyam, sono stati ricevuti in visita ufficiale dal presidente della Repubblica di Armenia Armen Sarkissian, che ha manifestato la sua soddisfazione per la lodevole iniziativa organizzata dalla Chiesa Apostolica Armena, sottolineando tra le altre cose l’importanza della tutela del patrimonio artistico e religioso che corre il grave rischio di essere danneggiato o addirittura cancellato dalla violenza della guerra, con particolare riferimento agli eventi del Nagorno-Karabak (Artsakh). Si è però mostrato fiducioso che l’Armenia sarà in grado di restare in piedi con l’aiuto dei suoi amici sparsi in tutto il mondo e, rivolgendosi ai partecipanti, ha concluso: “Voi siete nostri amici!”.

Il memoriale del genocidio armeno / Preghiera presso il memoriale
Il memoriale del genocidio / Preghiera presso il memoriale

Alla conclusione dei lavori del convegno, l’11 settembre, siamo stati condotti a visitare il memoriale del genocidio armeno, situato su una collina che domina la città di Yerevan – dove ci siamo raccolti in qualche minuto di preghiera silenziosa – e l’annesso museo del genocidio, ricco di documentazione storica e di materiale fotografico su quello che gli armeni ricordano come Metz Yeghérn (“il Grande Male”), e che ha visto la morte di oltre un milione e mezzo di persone tra il 1915 e il 1922.

Nello stesso giorno abbiamo visitato il museo-biblioteca dei manoscritti “Matenadaran” situato nel centro della capitale, che conserva la più grande collezione di manoscritti armeni esistente al mondo, molti dei quali sottratti fortunosamente al genocidio (tra questi il famoso “Codice di Mush”).

Alla conclusione del convegno il comitato organizzativo con l’approvazione di tutti i partecipanti ha radatto un comunicato nel quale, riaffermando i principi della pace e della libertà religiosa rivolge alcuni appelli alla comunità internazionale (per il testo integrale del comunicato in inglese v. qui)

khachkar
khachkar

Come fratelli di Bose, abbiamo anche avuto l’onore e la gioia di essere ricevuti privatamente da sua santità Karekhin II, che si è intrattenuto con noi per oltre mezz’ora, mettendoci a parte dei suoi numerosi progetti per la Chiesa Apostolica Armena (tra cui la costruzione di un nuovo istituto di formazione universitaria) e in particolare per il rilancio della vita monastica. Ci ha riferito dei suoi incontri e della sua stima personale per papa Francesco, che ha visitato l’Armenia nel 2016. Inoltre ha espresso vicinanza e affetto alla nostra comunità manifestando il suo apprezzamento per l’attività dei Convegni ecumenici di spiritualità ortodossa, ai quali da diversi anni ha sempre voluto inviare con grande premura un suo rappresentante personale. Lo stesso invito che ci è stato rivolto a prendere parte al convegno di Etchmiadzin è il frutto e la testimonianza di un legame ormai di lunga data. Da parte nostra abbiamo manifestato a s. Santità la vicinanza della nostra comunità alla sua Chiesa, assicurandogli il nostro costante ricordo nella preghiera di intercessione.

Noravank
Noravank

Terminato il convegno, abbiamo preferito non lasciare subito l’Armenia ma dedicare alcuni giorni alla conoscenza del suo ricco patrimonio artistico, in particolare dei suoi numerosi monasteri, assai fiorenti in tempi antichi. Così, nei giorni dal 12 al 15 settembre, dopo una rapida visita alla casa dei monaci Mechitaristi di Yerevan, grazie alla guida esperta di p. Mashtots Lazaryan, prebitero della Chiesa armeno-cattolica e amico fraterno della nostra comunità da lungo tempo, abbiamo potuto visitare numerose località interessanti: tra queste ricordiamo il cimitero storico di Noraduts presso il lago Sevan, a circa 2000 metri sul livello del mare, in cui vi è la più ampia raccolta esistente in Armenia di khachkar (le croci scolpite su roccia che sono l’espressione artistica più tipica della chiesa armena), e i poi i bellissimi monasteri di Gehardt, Hairavank, Hagartzin, Saghmosavank, Hovhannavank, Noravank, e soprattutto il celebre monastero di Khor Virap(“Fossa profonda”),sorto sul luogo in cui, secondo la tradizione, san Gregorio l’Illuminatore – evangelizzatore dell’Armenia all’inizio del IV secolo – fu rinchiuso per ordine del re Tiridate III poco prima della sua conversione. Purtroppo – ed è il grande cruccio dell’attuale Katholikos – nessuno di questi splendidi monasteri ha più una comunità monastica vivente.


Dalla collina su cui sorge Khor Virap abbiamo potuto ammirare il maestoso massiccio del Monte Ararat, ma il nostro sguardo è caduto anche sul più prossimo confine con la Turchia: in base ad un trattato concluso tra Russia e Turchia in epoca sovietica, quello che è il simbolo principale dell’Armenia si trova ormai da un secolo sotto il controllo straniero.

Una settimana è certamente troppo poco per gustare a pieno le ricchezze artistiche e religiose di una terra di così antica tradizione cristiana. È stata tuttavia un piccolo assaggio, a cui speriamo possano seguire in futuro altre occasioni di visita e di approfondimento.

Confine con la Turchia
Confine con la Turchia

Tra i numerosi doni che portiamo con noi da questa visita, oltre ai vivi ricordi delle numerosi volti incontrati, delle parole ascoltate e dei luoghi visitati, c’è il Libro delle lamentazioni di San Gregorio di Narek, il più grande dei padri della chiesa armena, recentemente proclamato dottore della Chiesa universale da papa Francesco: gli organizzatori del convegno hanno infatti voluto regalare a ciascun partecipante una copia di questo testo in una nuova fiammante traduzione inglese (The Prayer Book of St. Gregory of Narek, Holy Etchmiadzin 2018). Faremo tesoro delle parole di rara bellezza contenute in questo libro intriso non solo da un forte senso del peccato e dalla coscienza della solidarietà universale nella colpa, ma anche da un’immensa fiducia nella misericordia di Dio: ancora papa Francesco in un discorso pronunciato durante il suo viaggio apostolico in Armenia (25 giugno 2016), lo ha definito la “costituzione spirituale del popolo armeno” e “un grido accorato che implora misericordia per tutti”.

Fr. Luigi e Fr. Federico, monaci di Bose

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