Lettera agli amici - numero 1

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Natale 1972

Il primo numero del “Qîqājȏn di Bose” è datato Natale 1972 e assume una impaginazione e una veste grafica che dureranno a lungo, fino al Natale 2000. In esso troviamo anche la prima Lettera agli Amici, firmata da Enzo a nome dei fratelli e sorelle, ed è su questa che appare opportuno concentrare l’attenzione, perché, dopo un anno di esperienza della Regola, il priore comunica una decisione importante per il futuro della comunità, «cresciuta poco per volta e solo durante quest’anno»: nella Pasqua 1973 «i primi fratelli pensano di prendere davanti a Dio e ai fratelli cristiani i voti di celibato e di vita comune fedele per tutta la loro vita».

In questo modo, dopo l’accoglienza liturgica che conclude il noviziato, la professione monastica «davanti a Dio e alle chiese» conferisce alla comunità e a ciascuno dei suoi membri anche una precisa configurazione ecclesiale. In quel tempo di contestazione e di effervescenza all’interno della società e delle chiese cristiane, l’annuncio dato dalla Lettera ha un preciso significato: «noi non siamo e non vogliamo essere una nuova chiesa a nostra dimensione e misura ma un servizio alle chiese», reso pertanto in comunione con esse. E’ in questa prospettiva, continua Enzo, che «Michele Pellegrino, vescovo di Torino, ha accettato di essere responsabile, per i membri cattolici [della comunità], della comunione con la chiesa cattolica» e la medesima modalità vale anche per i membri cristiani non cattolici di Bose, che rimangono generati e in comunione con le rispettive chiese di appartenenza. Tale scelta dà contestualmente una dimensione profonda, profetica e non ideologica, alla composizione interconfessionale della comunità, che nella sua piccolezza desidera essere un segno concreto e operoso della riconciliazione e dell’unità tra le chiese cristiane.

E’ alla luce di questo che trova il suo pieno significato anche la «fraternità provvisoria» aperta in quei mesi in Svizzera per un triennio, sulla quale si sofferma la seconda parte della Lettera: «la popolazione della valle è metà cattolica, metà riformata, e tra le due comunità esiste coesistenza ma certo non confronto né rappacificazione». «Noi siamo là, prosegue Enzo, cattolici e protestanti a vivere insieme» e ad essere operoso fermento di riconciliazione, comunicazione e collaborazione reciproche.


 

Cari amici, 
per rendere più organici i nostri legami con voi abbiamo pensato di inviarvi le nostre notizie attraverso il "qiqajon". È un foglio semplice che a grandi linee vi giungerà per Natale, Pasqua e Trasfigurazione e che, oltre a fornirvi i programmi di incontri e di attualità, vi informerà sulla dinamica della nostra comunità. Ce n'era bisogno soprattutto per i numerosi amici lontani che chiedono sovente notizie sul nostro cammino e ai quali non sempre riusciamo a rispondere personalmente. Dunque questo non è un giornale, né un bollettino di collegamento ma un foglio di notizie di Bose, che lasciamo nascere e morire senza preoccupazioni e senza programmi. Ora, al termine di questo quarto anno di vita comunitaria e all'inizio del quinto, a che punto è la nostra ricerca evangelica? Questo è stato per noi un anno importante anche se difficile e certamente sofferto: un anno denso di decisioni che segnano la nostra maturazione e la serietà della nostra vocazione.

È stato il primo anno di esperienza della Regola assunta nel Consiglio dell'agosto '71: e ci siamo trovati d'accordo nel valutarne la positività e come essa di fatto è uno strumento di comunione tra tutti noi; certo per noi resta sempre modificabile, essa non ha l’autorità del Vangelo il quale solo è la fonte e resta tale delle nostre decisioni e della nostra vita. Così ci si incammina verso una tappa che potrebbe coincidere con la Pasqua 1973, una data importante perché in essa i primi fratelli della nostra comunità pensano di prendere davanti a Dio e ai fratelli cristiani i voti di celibato e di vita comune fedele per tutta la loro vita.

Anche la decisione della professione monastica è cresciuta poco per volta e solo durante quest'anno, attraverso meditazioni, confronti e studi sulla tradizione ecclesiale è emersa come volontà della comunità. Attualmente, certo, l'impegno tra di noi, almeno per quelli che hanno fatto l'entrata liturgica è definitivo e totale, ma sentiamo il bisogno di esplicitarlo davanti a Dio e alle chiese. E in questa prospettiva che Michele Pellegrino, vescovo di Torino, ha accettato di essere responsabile per i membri cattolici della comunione con la chiesa cattolica. E questo non crediamo sia entrismo ma frutto di atteggiamento leale senza essere adulatorio nei confronti dei pastori delle chiese. La nostra vocazione infatti e il nostro ministero hanno solo senso se in comunione con le chiese. Noi non siamo e non vogliamo essere una nuova chiesa a nostra dimensione e misura ma un servizio alle chiese.

Così, ci è indispensabile la comunione con esse! E di questo legame non giuridico tra di noi e il vescovo metropolita della chiesa piemontese ci rallegriamo. Certo non vi nascondiamo che si registrano sovente tra i membri della comunità e i pastori delle chiese differenze di vedute e anche tensione e che soffriamo sovente di diffidenze e di censure da parte di alcuni vescovi, ma la comunione ecclesiale nella fede e nella chiesa permane. Così in questo cammino la comunità cresce, arricchendosi di nuovi fratelli e nuove sorelle! Siamo una decina alla fine di questo anno in cui sentiamo con sofferenza la scelta diversa fatta da Marité. La sua mancanza in comunità si fa sentire: per questo tra lei e la comunità permane un'amicizia profonda e un incontrarsi sovente che è garanzia di mantenerci vicini e amici anche se la scelta di vita ci ha momentaneamente separati. D'altronde Marité non aveva mai preso impegni definitivi con la comunità né la comunità con lei, dunque non v'è rottura né mutamento di fedeltà. Tra i nuovi fratelli ci rallegriamo soprattutto per la venuta di Giancarlo Bruni, che tra di noi assicurerà il ministero sacerdotale cattolico così come Daniel svolge il ministero pastorale evangelico riformato.

Ed infine alcune notizie sugli inizi della fraternità in Svizzera. Attualmente siamo la in tre: Daniel, Guido ed io. È certo un gesto di audacia che abbiamo voluto fare, ma un gesto di coraggio in nome del Vangelo. Infatti là siamo in un luogo dove la divisione tra cristiani è sotto gli occhi. La popolazione della valle è metà cattolica, metà riformata, e tra le due comunità esiste coesistenza ma certo non confronto né rappacificazione. Noi siamo là, cattolici e protestanti a vivere insieme, in una grande casa, in cui ci è possibile praticare l'ospitalità anche se in forma ridotta rispetto a Bose. Siamo là come presenza di preghiera attraverso gli uffici, gli stessi di Bose ma in lingua francese. Daniel è pastore della parrocchia di St. Sulpice e impegnato in una pastorale d'insieme coi pastori della valle, veramente contenti del nostro arrivo e della nostra collaborazione. Io invece per ora collaboro coi pastori, alle cui riunioni settimanali sono chiamato, e con i sacerdoti cattolici soprattutto per quel che riguarda gli immigrati italiani cattolici che sono nella valle quasi tremila.

E in poco tempo credo di poter tracciare un bilancio positivo: pastori e preti vengono sovente agli uffici serali, si incontrano tra loro nella nostra fraternità per agapi fraterne e inizieranno dal nuovo anno '73 a preparare insieme la predicazione domenicale sempre con noi alla fraternità. E infine ci hanno dato di organizzare la settimana dell'unità in cui oltre che a serate di ricerca comune presiederemo uffici nella chiesa cattolica e in quella protestante alternativamente ogni giorno . Sono piccoli segni che ci danno molta speranza. Infine tentiamo un lavoro tra gli immigrati, soprattutto tra i clandestini: bambini costretti a non uscire di casa per 4 o 5 anni non avendo il diritto di risiedere con il padre lavoratore in Svizzera. Sono tutti provenienti dal Sud, obbligati a vivere in case povere e strette senza incontrare bambini coetanei, senza scuola… una situazione di ingiustizia palese e terribile su cui c'è una cospirazione di silenzio. Fatto un loro censimento clandestino apriremo per loro una scuola clandestina affinché possano conseguire la preparazione elementare. Ecco dunque la nostra presenza nel vivo della divisione e dell'ingiustizia umana; ecco il significato della nostra fraternità provvisoria, che per tre anni svolgerà là il suo ministero ... e già intravvediamo la fondazione di un'altra fraternità. Così, sotto lo sguardo di Cristo, andiamo avanti in questo momento difficile per la Chiesa nel mondo. Momento difficile per la restaurazione in atto a livello sociale e politico, per la pressura e la chiusura sempre più forte di fronte alle istanze nate dal Concilio… Diciamolo chiaramente: i giorni sono cattivi, ma in questo tempo di attesa del Cristo ci rendiamo conto che è naturale che sia così.

La memoria della croce, ogni volta che è fatta con forza ed emerge con chiarezza, non può far altro che provocare la reazione delle potenze e per il cristiano che vive con radicalità l'Evangelo non può essere altro che persecuzione, ostilità, oppressione da parte dei modi del potere, di qualunque potere. In base al Vangelo non si danno un cristiano e una chiesa che non patiscano almeno di una opposizione se non di una persecuzione. Ma non rassegniamoci, non perdiamo fiducia.

Cristo sta per tornare, viene presto perché egli non mente e la memoria di Natale e un segno di speranza eversiva che ci promette che ogni cosa sarà fatta nuova da lui. Anzi, è questa la nostra speranza, il bene è più forte del male, la vita più forte della morte, il vino nuovo prorompe sul vino vecchio!

Con fedeltà e con gioia vostro
Enzo