Sintesi dei lavori del 29 maggio

XII Convegno Liturgico Internazionale Bose, 29 30 31 maggio 2014
LITURGIA E COSMO
Fondamenti cosmologici dell'architettura liturgica
Organizzato dal Monastero di Bose 
in collaborazione con l'Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici
della Conferenza Episcopale Italiana

SINTESI DEI LAVORI DEL GIOVEDÌ 29 MAGGIO



SEDUTA MATTUTINA

La seduta di apertura dei lavori dell’XII Convegno Liturgico Internazionale, dedicato al tema Liturgia e cosmo. Fondamenti cosmologici dell’architettura liturgica ha preso avvio con il discorso inaugurale di fr. Enzo BIANCHI, Priore del Monastero di Bose.

Questi ha sottolineato che il tema del presente convegno è “sicuramente un tema difficile e poco esplorato da parte della teologia: resta perciò una lunga strada da percorrere per la liturgia cristiana”. In seguito ha presentato i fondamenti della riflessione cristiana sul cosmo e la creazione: il cosmo dev’essere innanzitutto contemplato come creazione trinitaria e cristologica, una creazione che – con una speranza cosmica – attende ancora la salvezza, la sua liberazione e trasfigurazione. La liturgia, prima ancora di essere opera del popolo e degli uomini, è liturgia cosmica, in essa il cosmo è presente, e ad essa partecipa silenziosamente. L’uomo nella liturgia è sacerdote e mediatore, chiamato ad offrire a Dio la creazione stessa. È l’arte poi che ha sempre inserito la natura nella liturgia; così i “santi segni” in quanto luogo della comunione con Dio sono essenziali alla liturgia.

La prolusione del Priore di Bose è stata seguita dall’indirizzo di saluto da parte di Mons. Stefano RUSSO, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI, che ha anche dato lettura del messaggio di Mons. Nunzio Galantino , segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. In seguito Mons. Piero Marini, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, ha letto il messaggio augurale inviato dal card. Pietro Parolin , Segretario di Stato di sua Santità papa Francesco. Mons. Juan-Miguel Ferrer y Grenesche, Sottosegretario della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti ha poi letto il messaggio del Cardinal Antonio Cañizares Llovera e di Mons.Arthur Roche, rispettivamente Prefetto e Segretario della medesima Congregazione.

Il Priore di Bose ha poi presentato il volume degli Atti del convegno liturgico del 2013 dedicato ai cinquant’anni del Vaticano II e di Sacrosanctum concilium, dal titolo Nobile semplicità e insieme la recente pubblicazione italiana di un saggio di David Banon, relatore al convegno di quest’anno: Lo spirito dell’architettura (Qiqajon, Magnano 2014). Nella seconda parte della mattina, il Prof. Duccio DEMETRIO, già professore ordinario presso il dipartimento di Scienze della formazione presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca, ha presentato la sua riflessione sul tema: La religiosità della terra: una fede civile per la cura del mondo.

Nel suo itinerario filosofico, Duccio Demetrio ha preso le mosse dal pensiero di Florenskij, secondo il quale “la natura non ci è data fuori dalla nostra vita”, per esaminare poi il concetto di religiosità: “La religiosità è quel nostro meravigliato scrutare intorno, in alto, in basso: con sguardo commosso e grato, nella percezione acuta, vivida, luminosa, di far parte della vita e che altri prima di noi ne hanno fatto parte e ne faranno. E’ la sorpresa istantanea di esistere nell’ attimo presente, ma anche la certezza di aver vissuto e di essere ancora in attesa.

La religiosità è prima di tutto una esperienza estatica: come una sorpresa e una felicità del sentire. Ed anche un’ esperienza estetica: come irruzione imprevista e poi meditazione lenta, assorta, del pensiero”. Quando lo sguardo e il pensiero si posano sulla terra, l’uomo può avvertire che “la terra è la presenza assoluta alla quale tutto dobbiamo: ci avvolge con le sue visibilità usuali o sorprendenti, rinviandoci a quelle inafferrabili, sotterranee, ancora incognite”.

Si fa strada così una religiosità della terra, perché “la terra sa rivelarci se stessa, aprendoci al contempo a noi stessi per meglio offrirci la coscienza di appartenerle indissolubilmente anche tornando ad essa”. L’uomo si riconosce allora abitatore solidale di “una terra da raccontare e ascoltare”, consapevole che “la religiosità della terra non è separabile, per altro, da parole come cura, custodia, premura… nei confronti del nostro pianeta”.

SEDUTA POMERIDIANA

La seduta pomeridiana si è aperta con la lettura del messaggio del Card. Gianfranco Ravasi , presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, letto dal Mons. Fabrizio Capanni, Capo Ufficio del medesimo Pontificio Consiglio.

Poi, il Prof. David BANON , docente presso il Département des études hébraïques et juives de l’Université de Strasbourg e specialista dell’interpretazione biblica giudaica e della sua storia, ha tenuto la sue relazione dal titolo: Costruire per l’uomo, costruire per Dio. L’anima dell’architettura, in cui ha proseguito la riflessione avviata con il suo libro – ora edito anche in italiano – Lo spirito dell’architettura (Qiqajon, Magnano 2014).

A partire dalla Bibbia ebraica, David Banon ha preso in esame la differenza “fra la costruzione di Dio in favore dell’uomo e la costruzione che l’uomo eleva per Dio”: al Dio creatore del mondo nell’Opera dei Sei Giorni, risponde l’homo faber che costruisce il mishkan, la tenda dell’incontro fra Dio e il suo popolo. Questo santuario ha i tratti di “una seconda creazione del mondo, una costruzione microcosmica”.

La forma di questa costruzione così particolare, al cuore della vita religiosa di Israele, è il vuoto, un vuoto preservato, custodito, senza cedere alla tentazione – presente in altre architetture religiose – di “colmare lo spazio intermedio che separa la terra dal cielo, di riunire il divino e l’umano, colmando il vuoto” che li divide.

Questo spazio vuoto intermedio, così preservato, è custodia del limite, di quel “dialogo asimmetrico in cui l’assolutamente altro mi super in tutta la sua altezza”, della non-rappresentabilità di Dio. Il santuario si dà, infine come “riflesso della struttura sociale e politica” del popolo di Israele, poiché “costruire non significa soltanto erigere un edificio di pietre, di vetro o di ferro; costruire suppone una concezione di organizzazione dello spazio e soprattutto una concezione sociale. Il costruire deve sfociare in un vivere-insieme nella città con luoghi di incontro, di celebrazione e di convivialità, ma anche di meditazione, di raccoglimento e di silenzio”.

Infine il Prof. Yves-Marie BLANCHARD , professore di esegesi del Nuovo Testamento e di teologia patristica presso la Faculté de théologie et de sciences religieuses dell’Institut catholique de Paris, ha tracciato le linee fondamentali di una cristologia cosmica, a partire dai testi del Nuovo Testamento.

Come è stato rilevato, alla luce di un esauriente percorso esegetico, la riflessione neotestamentaria circa le relazioni fra il Cristo e il cosmo si concentra soprattutto nelle lettere di Paolo ai Colossesi e agli Efesini e nel prologo del Vangelo di Giovanni che contempla il Logos creatore, cioè “il Cristo preesistente come soggetto personalmente implicato nell’atto divino della creazione dell’universo”.

Il tema del Cristo cosmico dev’essere inquadrato nel contesto del Mistero pasquale del Figlio di Dio: il Risorto è il Signore, il Kyrios, che esercita la sua sovranità sull’universo e sulla creazione che attende il suo compimento escatologico. Ma la signoria pasquale del Cristo non si esercita solo sul “tutto” cosmico, ma anche sulla totalità dell’asse temporale che trova in Cristo la sua “ricapitolazione”.