Prolusione di Enzo Bianchi

VI Convegno Liturgico Internazionale Bose, 5–7 giugno 2008
ASSEMBLEA SANTA.
Forme, Presenze, Presidenza

Organizzato dal Monastero di Bose
in collaborazione con Ufficio Nazionale Beni Culturali Ecclesiastici
della Conferenza Episcopale Italiana

Stefano Russo e Enzo Bianchi durante l'apertura del ConvegnoPROLUSIONE DI ENZO BIANCHI

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ascolta il Discorso:

 

5 giugno 2008

A voi amati vescovi, esimi relatori e a tutti voi partecipanti a questo VI Convegno Liturgico Internazionale, rivolgo il mio cordiale saluto e il più affettuoso benvenuto.

Oggi diamo inizio alla sesta edizione dell’annuale appuntamento voluto dalla nostra comunità in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Dall’autunno del 2003 a oggi abbiamo percorso un cammino di riflessione sui temi maggiori dello spazio liturgico cristiano. Un percorso che fin dall’inizio si è proposto di offrire una adeguata e qualificata risposta alla crescente domanda di intelligenza dei significati dello spazio liturgico. In questi ultimi anni, infatti, soprattutto in Italia ma anche in altri paesi europei, abbiamo assistito a una rinnovata consapevolezza del ruolo fondamentale dell’architettura liturgica, ed una vera e propria riappropriazione dei significati e dei valori dello spazio liturgico. A questo, si è recentemente aggiunto un inaspettato ma quanto mai atteso rinnovato interesse per la liturgia in generale. Ad ogni livello della chiesa cattolica oggi si prende coscienza che la qualità della vita cristiana è intimamente congiunta alla qualità della liturgia che i cristiani ordinariamente vivono. Questa rinnovata consapevolezza non è tuttavia priva di luci e di ombre, di ampie possibilità ma anche di gravi rischi, in quanto la liturgia da sempre è stata e ancora oggi è il luogo fondamentale e per certi versi discriminate nella trasmissione della fede. Sì, le scelte più rilevanti e le priorità nodali che la nostra generazione oggi indicherà circa la vita liturgica della Chiesa, incideranno profondamente sullo stile e la forma del cristianesimo di domani. In effetti, a ben guardare, tutto conduce a pensare che nei prossimi decenni la liturgia sarà il criterio decisivo per la trasmissione della fede cristiana, e più esattamente di quale esperienza di fede trasmettere e quale stile di cristianesimo tramandare. Questo è per tutti noi, con responsabilità ecclesiali e competenze specifiche diverse, una sfida e un compito grandi di fronte alle quali a nessuno è dato dimissionare, chiamandosene fuori. In questo contesto, anche la nostra ricerca sul rapporto tra liturgia e architettura gioca una ruolo significativo e offre un contributo, certamente esiguo, ma quanto mai convinto.

A differenza delle passate edizioni, il tema dei lavori di quest’anno si presenta più articolato. Per questo lo abbiamo sintetizzato in un titolo intenzionalmente ampio: Assemblea santa. Forme. presenza, presidenze. La scelta iniziale di assumere l’altare come punto di partenza della nostra riflessione sullo spazio liturgico, per poi proseguire con l’ambone, l’orientamento e il battistero, ha fin dall’inizio voluto affermare che tanto l’assemblea dei fedeli quanto lo spazio liturgico si costituiscono a causa e in rapporto ai tre poli fondamentali, l’altare, l’ambone e il battistero. A giusto titolo, la Nota pastorale - L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica - della Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana afferma che “è l’assemblea celebrante che ‘genera’ e ‘plasma’ l’architettura della chiesa” (n. 11), e che “il dato permanente e originario della tradizione cristiana considera l’assemblea […] come matrice irrinunciabile di ogni ulteriore definizione spaziale, momento generatore e unificante dello spazio in vista dell’azione cultuale” (n. 12). Tuttavia, mi pare non di meno decisivo ricordare che l’assemblea celebrante genera lo spazio liturgico solo perché essa è generata dalla parola di Dio. Non è l’assemblea il dato originario, ma Dio che attraverso la sua Parola costituisce un popolo in assemblea santa. L’assemblea santa dì Israele come quella del nuovo popolo di Dio, la Chiesa, è da lui convocata per l’ascolto della sua Parola e per la celebrazione dell’Alleanza. Nei termini dell’architettura liturgica questo significa che l’altare e l’ambone “convocano” l’assemblea e dunque sono gli elementi costitutivi dello spazio liturgico. Lo costituiscono non solo perché lo spazio liturgico si organizza in relazione ad essi ma soprattutto perché senza altare e senza ambone non vi è spazio liturgico cristiano. In effetti, senza la parola di Dio contenuta nelle Scritture e proclamata dall’ambone e senza l’eucaristia celebrata all’altare, tavola del Signore non si darebbe assemblea cristiana, ma semplice auto-convocazione di uomini e di donne. Per questo, all’interno dello spazio liturgico l’altare e l’ambone precedono l’assemblea convocata e permangono anche quando l’assemblea si scioglie. Precedenza e permanenza, spaziale e temporale al tempo stesso, attestano che la parola di Dio e l’eucaristia precedono l’assemblea e non si esauriscono nell’assemblea, nel senso che l’assemblea non li esaurisce. Davvero, il luogo liturgico è locus theologicus e deve essere capace di raccontare la sua ragione essenziale!

La scelta dell’Assemblea santa come tema di questo VI Convegno Liturgico Internazionale rappresenta dunque, per certi versi, il punto di arrivo della riflessione condotta in questi anni, il suo termine naturale. Per questo, con il sottotitolo da noi scelto - “Forme, presenze, presidenza” – si intende declinare e articolare la fenomenologia dell’assemblea cristiana. Anzitutto le forme dell’assemblea, vale a dire le successive configurazioni che nel corso dei secoli i cristiani riuniti per la liturgia hanno assunto. Ogni spazio architettonico, infatti, plasma una precisa forma di assemblea che a sua volta esprime una determinata idea di Chiesa. Le diverse tipologie dell’assemblea determinate dalle differenti topografie dell’aula liturgica sviluppatesi nel corso dei secoli, hanno dato vita a molteplice immagini di Chiesa. È pertanto innegabile riconoscere che a precisi modelli di Chiesa corrispondono diversi modelli di assemblea. Se il concilio di Tento ha saputo esprimere un’architettura liturgica coerente con la propria ecclesiologia, occorre verificare come e in che misura il concilio Vaticano II è stato fin’ora in grado di plasmare spazi liturgici espressioni dell’ecclesiologia di comunione.

L’assemblea liturgica è anche epifania di presenze di natura spirituale e dunque sacramentale che con gradualità diverse attestano il mistero della simultanea presenza del Signore in mezzo al suo popolo e del popolo riunito alla sua presenza. Presenza è categoria complessa, al tempo stesso biblica, teologica e filosofica. Ancora oggi, nell’intelligenza della presenza sacramentale, il concetto di “presenza” è per lo più debitore di una visione essenzialmente onto-teologica la quale esprime in modo decisivo sebbene non esclusivo il mistero della presenza. Determinante, a questo riguardo, è la funzione critica del dato biblico di fronte a ogni teoria filosofica. Sì, in ciò che concerne le verità cristiane maggiori, ogni possibile concetto filosofico deve essere verificato, provato e vagliato alla luce del dato biblico e della grande tradizione della Chiesa. La riflessione biblica assolve il compito di mostrare la pluralità e il progressivo evolversi delle manifestazioni delle presenze di Dio dall’Antico al Nuovo Testamento e nella Chiesa. Nel quadro della riflessione sulle presenze all’interno dell’assemblea si iscrive in modo significativo l’analisi del senso e delle diverse modalità di conservazioni e di venerazione delle specie eucaristiche nelle Chiese d’oriente e d’occidente, anche in riferimento alla complessa problematica della collocazione della custodia eucaristica, in merito alla quale vanno riconosciute ambiguità e contraddittorietà nell'attuale legislazione liturgica.

Infine, nella pluralità di presenze la presidenza liturgica è elemento costitutivo ed essenziale dell’assemblea cristiana. Insieme alla persona del ministro ordinato la presidenza implica un luogo proprio e distinto all’interno dell’assemblea, sia essa cattedra episcopale o sede presbiterale. La sede di colui che presiede non è da considerarsi come un terzo polo da sommare ai due poli fondamentali: l’altare e l’ambone. Se vi è un terzo polo esso è il battistero. La sede non possiede, infatti, la medesima natura teologica dell’altare, dell’ambone e del battistero, in quanto l’annuncio della parola di Dio, il battesimo e l’eucaristia sono il fondamento e la condizione di possibilità del ministero ordinato. Per questo, la cattedra episcopale e la sede presbiterale, segno del ministero specifico di chi le occupa, sono a servizio sia della Parola sia del sacramento dell’altare e attraverso essi dei fedeli riuniti.

Oggi si colgono qua e là i primi e incoraggianti segni di una rivalutazione della posizione laterale della cattedra episcopale, abbandonando così la posizione frontale della sede, sovente sovraccaricata di "epifania" che dal Concilio a oggi si è progressivamente imposta senza una riflessione liturgica sufficientemente adeguata. Ampiamente attestata nella tradizione liturgica occidentale e orientale, la cattedra posta a lato del presbiterio garantisce a colui che preside una distinzione e una visibilità rispetto ai fedeli riuniti e, al tempo stesso, permette al vescovo di essere anch’egli rivolto all’ambone quale primo ascoltatore della parola di Dio. Il vescovo, infatti, è il primo annunciatore della parola di Dio al suo popolo perché è il primo ascoltatore della Parola di Dio in mezzo al suo popolo: egli, solo perchè affidato alla Parola, può essere servo della Parola.

Carissimi, concludo questa mia breve riflessione introduttiva ricordando che l’intelligenza dei significati dello spazio liturgico così come la complessa opera di costruzione di una chiesa non possono pertanto essere compresi e affrontati unicamente attraverso la tecnica di progettazione e di costruzione. In realtà, la disposizione delle pietre, la collocazione degli elementi come la realizzazione degli spazi è in rapporto diretto con l’edificazione della comunità cristiana e viceversa. Sì, l’edificazione dello spazio liturgico concorre anch’essa ed è parte integrale di quell’opera santa che l’apostolo Paolo chiama “l’opera del ministero, in vista della costruzione del corpo di Cristo” ("ergon diakonias eis oikonomein tou somatos tou chistou") (Ef 4,12).

In conclusione, sono lieto di poter presentare gli Atti del V Convegno dedicato al Battistero.

Con i quattro volumi di Atti dedicati all’altare, all’ambone, all’orientamento e al battistero è ora disponibile una sorta di guida per l’intelligenza dei significati e dei valori dello spazio liturgico cristiano.
A tutti e a ciascuno auguro che queste giornate di lavoro siano una preziosa occasione di riflessione, di scambio e di condivisione.

Enzo Bianchi, Priore di Bose