Messaggio del Vescovo anba Raphail, Segretario del santo Sinodo della Chiesa copta ortodossa

XXII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
BEATI I PACIFICI
Bose, 3-6 settembre 2014
in collaborazione con le Chiese Ortodosse

Ingresso di Geserusalemme Icona fine XVI sec Museo di Lhabavsk

MESSAGGIO DEL VESCOVO ANBA RAPHAIL, SEGRETARIO DEL SANTO SINODO DELLA CHIESA COPTA ORTODOSSA

Il Cairo, 1 settembre 2014

Amato padre Enzo Bianchi, monaci e monache del Monastero ecumenico di Bose,
egregi relatori e partecipanti,

pace e grazia a tutti voi dal Signore nostro Gesù Cristo. È con grande gioia e interesse che apprendiamo del XXII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa che si terrà nel vostro stimato monastero e che quest’anno ha come tema “Beati i pacifici”.

Il tema da voi scelto è non solo di vitale importanza spirituale, in questo mondo inquieto e ansioso nel quale viviamo, ma anche di estrema attualità, soprattutto alla luce degli ultimi eventi sanguinari che stanno sconvolgendo il Medio Oriente. Di quanta pace e di quanti pacificatori avrebbe bisogno la nostra regione martoriata!

La pace e la pacificazione sono al cuore del cristianesimo di cui rappresentano l’essenza profonda. Cristo è venuto nel mondo, è morto ed è risorto per instaurare la pace. L’amore e il sostegno che i cristiani offrono alla pace nascono dal loro essere discepoli del Principe della Pace il quale, nella sua esistenza terrena, ha non solo predicato ma ha vissuto nella sua carne la pace in ogni maniera e a ogni costo, fino a consegnare se stesso alla morte sulla Croce. Da allora, la Croce, da strumento di tortura è divenuta simbolo per eccellenza di pace e pacificazione. Come afferma l’Apostolo, Cristo stesso è ora la nostra pace (cf. Ef 2,14). Il cristiano non può, quindi, non farsi pacificatore, sempre e comunque.

Tuttavia, si badi che pace non significa semplice assenza di bellicosità. Essa va, invece, molto più nelle profondità dell’uomo e nel suo vivere quotidiano, influenzato dalla sua comprensione degli uomini e di Dio. Interroga la natura e la qualità delle sue relazioni, con le persone vicine e con quelle lontane. E lo pone costantemente di fronte al suo rapporto con Dio e al grado di intimità di tale rapporto: non può esistere alcuna pace, infatti, se non dalla consapevolezza che Cristo ci ha liberati dalla paura della morte che ci teneva in schiavitù (cf. Eb 2,15). La paura della morte, infatti, ci spinge a compiere azioni peccaminose imperniate intorno al nostro ego. L’affannosa ricerca di potere, la sopraffazione, il desiderio di possedere, la violenza, il desiderio di dominare, la ricchezza, l’umiliazione sono tutti frutti di questa paura. Nel tentativo di rendere eterno il nostro piccolo ego terreno, diamo libero sfogo a quanto di peggio ci inabita, vivendo come se non esistesse altro che questa vita e diventando, così, acerrimi nemici della pace.

Guai, inoltre, a pensare che la pace sia il semplice prodotto di logiche e tattiche umane, la fragile tregua tra due conflitti, imposta da interessi politici ed economici. Guai a pensare che “beati i pacificatori” si riferisca alla pace del mondo. La vera pace, invece, è qualcosa di radicale che coinvolge l’essere umano e deriva da una vittoria su se stessi. In questo senso è una grazia, il dono dei doni, che discende dall’alto, dal Cristo risorto stesso (Gv 20,19; Mc 5,34; Lc 7,50). La sua pace è una pace che supera la mente: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). La sua pace è figlia della sua umiltà e della sua mitezza: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11,29). Una pace, la sua, sulla cui via egli dirige costantemente i nostri passi, come canta la Madre di Dio nel Magnificat. Questa pacificazione interiore, anticamera di ogni pacificazione tra gli uomini, va costantemente supplicata. Non a caso una delle preghiere più antiche e più belle della chiesa copta ortodossa chiede proprio questo:
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“Re della pace, dona a noi la tua pace, stabilisci per noi la tua pace”.
Così come, durante la liturgia, al momento dell’orazione della pace, supplichiamo:

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“La pace che proviene dai cieli, fa’ che discenda nei cuori di noi tutti. La pace di questa stessa vita, accordacela con benevolenza”

La pace è una delle caratteristiche peculiari dei figli del Regno. È per questo motivo che Cristo proclama beati gli artefici di pace perché il Regno di Dio è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (cf. Rm 14,17). I pacificatori sono beati perché solo mediante loro la terra viene salata e acquista un sapore celeste. Quando un uomo persegue e acquisisce la pace nella sua propria anima, pianta un seme di pace nel mondo intero. Come dice l’Apostolo Giacomo: “Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace” (Gc 3,18). La pace è come una delicata brezza d’amore che ha la capacità di diffondersi rapidamente nei cuori. Pensiamo soltanto a quanta influenza ha avuto su di noi l’incontro con un uomo pacificato! Il volto di un uomo pacificato non si dimentica mai! Nella pace del pacifico, l’umanità tutta intera riposa. Di questa ricerca spirituale, i monaci rappresentano certamente i più ferventi rappresentanti. Tutta la letteratura monastica e in particolare i detti dei monaci egiziani del deserto, dicono all’unisono: “Pacificati! Sii pacifico! Acquisisci la pace! Vivi in pace con tutti!”.

Per concludere, nell’esprimervi i nostri auguri più sinceri per un convegno ricco di frutti spirituali e portatore di nuovi stimoli per la Chiesa tutta, chiediamo al Signore, insieme a voi, di suscitare in Medio Oriente e nel mondo intero uomini e donne capaci di essere coraggiosi seminatori dell’ineffabile pace di Cristo.

Il mio amore in Cristo,
Vescovo anba Raphail
Segretario del santo Sinodo
della Chiesa copta ortodossa