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Si può vivere e testimoniare la pace - Osservatore Romano

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XXII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
BEATI I PACIFICI
Bose, 3-6 settembre 2014
in collaborazione con le Chiese Ortodosse

Ingresso di Geserusalemme fine XVI sec Museo di Lhabavsk

SI PUÒ VIVERE E TESTIMONIARE LA PACE

Osservatore Romano
3 settembre 2014

BIELLA «La speranza della pace annunciata in Cristo non è un'utopia inefficace di fronte: alla logica del potere e del conflitto bensì un evento nella storia che s'incarna ogni qualvolta semplici uomini e donne decidono di agire come "operatori di pace"». E «il ritrovarsi fraterno di vescovi e studiosi, di monaci e monache, di uomini e donne provenienti da confessioni cristiane e nazioni diverse, accumunati dal desiderio di restare fedeli al vangelo e al suo messaggio di pace, costituisce un appello alle Chiese a essere fermento di riconciliazione nell'oggi della storia». E'uno dei passaggi più significativi dell'introduzione al XXII congresso ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa pronunciata questa mattina dal priore di Bose Enzo Bianchi. L'incontro, che si svolge fino a sabato nel monastero in provincia di Biella, è intitolato «Beati i pacifici» (Matteo 5, 9) ed é organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse.

La pace - ricorda Bianchi nella presentazione dell'evento - ha una dimensione teologica e rivelativa: occorre intraprendere un itinerario per discernere le radici profonde e offrire le ragioni di una autentica educazione alla pace, nell'ospitalità del diverso, nell' operosità della riconciliazione, nella fatica del perdono.
E «nell'ora drammatica che stiamo vivendo, in cui la pace è contestata, calpestata, contraddetta», questa "beatitudine inattuale, che la divina liturgia ripete costantemente non cessa oggi di interpellare la coscienza di ogni cristiano e l'azione di tutte le Chiese.

In oltre vent'anni di ininterrotta attività, il convegno di Bose è diventato un punto di riferimento internazionale per il dialogo ecumenico e lo studio della tradizione spirituale dell'oriente cristiano, secondo una visione ampia del confronto interculturale e interreligioso che include Europa orientale, Ucraina, Russia e Medio oriente. Per questo alla vigilia dell'incontro, sono giunti ai partecipanti i saluti del Papa, di altri rappresentati della chiesa cattolica e della Chiesa Ortodossa. Francesco - si legge nel messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin - auspica che le giornate di studio c di confronto possano favorire la consapevolezza che è possibile vivere e testimoniare la pace annunciata da Cristo, mediante atteggiamenti di sincera fraternità che spengono le contese, superano le diffidenze e generano la speranza.

Per il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, ci si trova di fronte a un duplice compito: « Fare della pace il cuore dell'ecumenismo c dell'ecumenismo il cuore della pace». E per rispondere a questa duplice sfida, «i cristiani devono riflettere insieme a quella che potrebbe essere "una teologia della pace" devono ritrovare i fondamenti di una spiritualità della pace, attinta in Cristo che è la Pace in persona comune - scrive il porporato - «sia all'esicasmo bizantino che al monachesimo benedettino».

Il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale italiana, sottolinea l'attualità del tema scelto per il convegno: sono sotto gli occhi di tutti la drammaticità di molte notizie di cronaca come anche i molti elementi di tensione sotterranea con cui spesso la gente comune si trova a doversi confrontare. Ed è inevitabile che
un tale contesto sociale si rifletta anche nel tessuto ecclesiale». Monsignor Galantino invita ad accogliere di nuovo la parola di Cristo, «come un chiaro invito alla verifica della vita, come monito di riflessione e come incoraggiamento alla conversione».

Nel suo messaggio, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, ricorda che la pace «è frutto di distacco dalle passioni e si acquisisce per mezzo di una tenace lotta». Per questo, «è necessario che l'uomo purifichi se stesso da ogni cosa a cui il suo cuore possa attaccarsi» perché «gli sottrae la vera pace» che il Signore ha predicato attraverso le beatitudini.

Essere operatori di pace scrive il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca - «fa parte dell'essenza stessa dell'annuncio cristiano». Quindi il difficile periodo attuale contraddistinto da vari conflitti armati «pone davanti a tutti con particolare forza il compito di cercare vie cristiane per fermare la guerra che porta inimicizia, morte e distruzione». Secondo il patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, Giovanni X, la missione in medio oriente «è di rinnovare il volto del Principe della pace come il Dio della scrittura», mentre Hieronimos II, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, pone l'attenzione sul radicamento biblico del saluto di risurrezione «Pace il voi». Neofìt, patriarca di Bulgaria, osservando quanto sia  «ancora più raccapricciante» quando la causa dei conflitti è l'appartenenza religiosa, afferma che, «fino a che le nostre azioni con le nostre decisioni saranno determinate non dall'amore fraterno ma o dalle passioni che si agitano dentro di noi, questa pace tanto attesa, questo benessere agognato, rimarranno irraggiungibili».

Pensiero condiviso dal Patriarca di Romania, Daniel, il quale sottolinea il bisogno, oggi più che mai, di operatori di pace, capaci di «prevenire o appianare i conflitti tra gli uomini sia sul piano sociale che tra i popoli», conflitti originati dalle «egoistiche passioni generatrici di abuso di potere e di profitti materiali senza limiti».