Gli ortodossi e il Tabor: in cammino verso l'unità

Vescovi e Metropoliti presenti ai lavori del ConvegnoGLI ORTODOSSI E IL TABOR: IN CAMMINO VERSO L'UNITÀ

Avvenire, 18 settembre 2007

Nel lungo cammino verso l’unità dei cristiani, “sbaglia chi ritiene inutile l’esperienza più facile che abbiamo già fatto e sbaglia anche chi ritiene invalicabile la porta verso la comunione. Si tratta invece di avere pazienza, di vivere costante il sacrificio dell’unità... La questione principale è: vogliamo continuare a rafforzare le fondamenta con un lavoro paziente, spesso oscuro, o vogliamo soffiare anche noi con il vento, e danneggiare di più la casa? Ma un cristiano ha effettivamente la facoltà di scegliere l’una o l’altra posizione?”. Con questo appassionato saluto inviato dal cardinal Kasper hanno preso avvio i lavori del XV Convegno internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato dal Monastero di Bose con il patrocinio, per la prima volta congiunto, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca.

Ed è proprio nell’ottica di proseguire un paziente lavoro di approfondimento delle ricchezze spirituali proprie delle rispettive tradizioni e di fraterna conoscenza di ciò che nutre la fede e la testimonianza cristiana dell’altro, che è stato scelto come tema di riflessione “Il Cristo trasfigurato”. Il convegno – che come di consueto riunisce a Bose vescovi, studiosi, monaci e monache, fedeli di numerosi paesi d’Europa e del Medioriente – propone un vero e proprio itinerario per cogliere il mistero della Trasfigurazione nella sua profondità, ma anche in tutto il suo significato per gli uomini e le donne del nostro tempo.

Punto di partenza è senza dubbio un ascolto attento della Parola di Dio contenuta nella Scrittura, in particolare nei racconti sinottici dell’evento del Tabor: come ha ricordato Enzo Bianchi nella conferenza di apertura, nella Trasfigurazione vi è la sintesi del Vangelo, l’annuncio dossologico del mistero pasquale annunciato davanti alla Chiesa, raffigurata da Pietro, Giacomo e Giovanni, e davanti all’Antico Testamento, Mosè ed Elia, la Legge e i profeti, apparsi a condividere la gloria del Figlio. Ma nella Trasfigurazione, come hanno sempre compreso i padri greci, non c’è solo l’esito della vita di Gesù, la sua passione e resurrezione, l’abbassamento e la gloria; nella Trasfigurazione è rappresentata la verità della vita quotidiana di Gesù, la vita di Gesù come vita filiale, una vita vissuta nella logica del dono, del servizio degli altri, dell’amore fino alla morte. È questa vita vissuta per amore che mostra lo splendore della gloria di Dio, che si rivela trasfigurata agli occhi dei discepoli. Ecco perché la Trasfigurazione rappresenta un evento centrale nell’annuncio cristiano e sin dal primo millennio le Chiese hanno sentito il bisogno di celebrarlo e di renderlo eloquente nella dinamica della vita spirituale.

Infatti, come ricorda il Patriarca ecumenico Bartholomeos, “la Trasfigurazione occupa una posizione centrale nella vita della nostra Chiesa e la sua esplorazione spirituale può essere decisiva per la comprensione delle verità della nostra fede e per lo stesso cammino spirituale di ciascun fedele verso Dio”. E, gli fa eco il Patriarca di Mosca Alessio II, “la Trasfigurazione rivela il mistero divino di ciò che sono chiamati a diventare l’uomo e il mondo attorno a noi”. Così, se nella grande tradizione monastica d’Oriente e d’Occidente il luogo dove avviene questo percorso spirituale che conduce alla trasfigurazione non è né la ragione, né i sensi, ma il cuore, allora vi è un punto culminante dove la ragione stessa depone i propri mezzi, perché è solo l’amore che conosce Dio: “La ragione non gusta che di passaggio”, scriveva Guigo II certosino, “ma è l’amore che coglie il sapore nella sua realtà”.

E’ così, attingendo al patrimonio comune della Chiesa indivisa e arricchendolo delle tonalità, delle comprensioni e delle incarnazioni diverse che ha assunto nel corso dei secoli, i cristiani possono rinsaldare la loro fede e purificare la loro testimonianza in mezzo ai loro fratelli e sorelle in umanità, possono lasciare che le loro povere esistenze siano trasfigurate e rese sempre più trasparenti alla luce che scaturisce dal Tabor e dal sepolcro vuoto, possono fare delle loro vite una narrazione credibile del volto del loro unico Signore, avviandosi così a varcare la soglia della “porta verso la comunione”.

Guido Dotti