La comunione e la solitudine

XVIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
XVIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa

XVIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
COMUNIONE E SOLITUDINE NELLA TRADIZIONE ORTODOSSA
Bose, 7-10 settembre 2011
in collaborazione con le Chiese Ortodosse

RisVeglio popolare, 9 ottobre 2010
di MARIA ANGELA BARONCELLI in MOLDUCCI

"Comunione e solitudine" è il tema del XVIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa svoltosi in collaborazione con le Chiese ortodosse al Monastero di Bose dall'8 all' 11 settembre scorso con il contributo della Regione Piemonte e dell'Università di Torino. Ha aperto i lavori la prolusione di Enzo Bianchi, fondatore della Comunità Monastica di Bose, cui ha fatto seguito la relazione del vescovo serbo lrinej di Ba?ka, incentrata su Chiesa ed esperienza monastica. Durante le tre giornate si sono susseguite interessanti esposizioni di teologi, storici, filosofi e rappresentanti ufficiali al più alto livello delle Chiese Ortodosse. Nell' esperienza monastica solitudine e silenzio introducono alla relazione e all' essere in comunione con gli altri. Le dimensioni di solitudine e comunione trovano un modello di armonica compenetrazione nella vita stessa di Gesù come ci è consegnata dalla narrazione evangelica. Il mistero della Chiesa, una e molteplice, manifesta il fondamento cristologico di solitudine e comunione, come pure la dimensione pneumatologica di questa polarità è fondamento della vita spirituale.

Vladimir Lossky afferma: "L'opera del Cristo unifica e l'opera dello Spirito Santo diversifica". Questa compenetrazione tra solitudine e comunione è una costante nelle Sacre Scritture e nella storia della Chiesa. La dimensione del deserto è luogo di prova e di incontro con il Dio vivente e anche tempo e luogo dell' obbedienza e della disobbedienza alla Parola di Dio. Tutto ciò costituisce l'esperienza spirituale di Israele e lo fa diventare "assemblea santa". Prima della parola di comunione viene la parola di separazione perché la vocazione biblica dell'uomo è diventare immagine di Dio che abita la distanza, il nascondimento. È un Dio che chiama alla comunione, non alla fusione.

Gesù stesso, nel suo percorso storico, approfondisce il senso della sua vocazione nell'eremos. La conoscenza di Dio nella solitudine ci apre alla comunione nella verità. Nel Nuovo Testamento la Koinonia è partecipazione alla vita divina attraverso l'Eucaristia, nella comunione al sangue e al corpo di Cristo (1 Corinzi, 10,16). In ciò anche l'esperienza monastica trova il suo radicamento ecclesiale. Gesù Cristo, per amore del Padre e degli uomini, ha versato il suo sangue nell' abbandono estremo della croce e nella solitudine assoluta della croce Gesù ha fatto nascere la comunione. La riflessione teologica e spirituale di San Basilio nel IV secolo conduce l'esperienza monastica a quel fondamentale equilibrio umano e cristiano tra libertà interiore e comunione nella compagnia degli uomini come ha realizzato compiutamente Gesù Cristo.

Il metropolita Kallistos ha spiegato come nel monachesimo orientale non esista una netta linea di demarcazione tra vita in comunità e vita eremitica, ma proprio questo confine fluido e poroso è segno di arricchimento e benedizione. Infatti l'indissolubile circolarità fra le due dimensioni è al cuore stesso del monachesimo bizantino e russo. Sant'Isacco il Siro, padre fondamentale per la spirihlalità dell'Oriente come dell'Occidente cristiano, afferma l'importanza del legame tra ricerca personale di Dio e apertura a una comunione cosmica. La sfida comunitaria nell' orizzonte postmoderno è forse quella di realizzare comunità capaci di dare speranza. Un'autentica dialettica tra comunione e solitudine è realizzabile in una dimensione di fiducia e gratitudine verso l'altro in un sempre rinnovato rendimento di grazie, in una pratica eucaristica.

San Simeone il nuovo Teologo dice: "Molti dichiarano beata la vita solitaria, altri la vita in comune ... Per parte mia, però, non oserei preferire nessuno di questi generi di vita, né potrei dichiarare uno degno di lode e l'altro di biasimo, ma in ogni condizione, qualunque opera o attività uno faccia, è la vita vissuta per Dio e secondo Dio a essere degna della massima beatitudine".

MARIA ANGELA BARONCELLI in MOLDUCCI