Messaggio di Hieronymos II, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia

XXV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa
IL DONO DELL'OSPITALITÁ
Monastero di Bose, 6-9 settembre 2017
in collaborazione con le Chiese ortodosse

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Nr. prot. 6604/2017
Atene, 28 Agosto 2017

Saluto
Di Sua Beatitudine l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos II
Per il convegno di Bose sul tema «Il dono dell’ospitalità»

Gesù Cristo come uomo è nato in una città come straniero. Lui e i suoi genitori umani si erano trasferiti là da stranieri ed erano stati ospitati in una stalla. Poi, di nuovo, come straniero, si reca in Egitto per non essere ucciso dai suoi persecutori, i suoi compagni di umanità. E là dimorò come straniero. Più tardi percorse città e villaggi di nuovo come uno straniero, e predicò l’amore verso gli altri uomini. Non avendo egli “dove posare il capo”, i suoi compatrioti lo torturarono e poi lo uccisero per mezzo di stranieri, i romani.

Il giorno del culmine della divina Passione, il Venerdì Santo, cantiamo un tropario nel quale san Giuseppe di Arimatea, preso dal timore dopo la crocifissione, dice a Pilato: «Dammi questo straniero, che ha saputo accogliere poveri e stranieri»

Questo straniero ha inviato i suoi discepoli in tutte le nazioni. Anch’essi migrarono come stranieri in paesi stranieri, tra persone straniere, tra lingue e culture straniere. Non ne furono spaventati. Credevano molto in quello che facevano e non esitarono neppure di fronte al martirio e alla morte. Più tardi, i loro imitatori, i santi missionari della nostra chiesa, viaggiarono anch’essi predicando la parola divina e, nella maggior parte dei casi, furono torturati e uccisi da stranieri come stranieri e con le loro sacre spoglie benedissero la terra straniera.

Negli ultimi anni in Grecia, un paese piccolo, ma fiero e generoso, abbiamo accolto migliaia di persone perseguitate dai loro paesi e che hanno trovato rifugio nelle isole greche e nell’entroterra. È impressionante vedere il modo in cui le hanno accolte i semplici abitanti locali di ogni giorno nella campagna greca. Con amore. Con genuinità e senza secondi fini, come per mettere in pratica le parole di nostro Signore: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito” (Mt 25,35).

Il vero amore cristiano è semplice e schietto, sgorga dall’abbondanza del cuore, implica identifcazione con colui che è provato, è sacrificio dell’io in favore del noi. Lo straniero è lo stesso Cristo. La sfida che ci è posta dinanzi è di riuscire a superare il nostro io e di vedere lo straniero non come un’occasione per fare elemosina e decolpevolizzarci della nostra vita lussuosa, ma come una possibilità di esodo dalla nostra esistenza individualistica e di identificazione con colui nel quale crediamo e dal quale attendiamo di ricevere la salvezza. Rigettando le paure e le paralisi stereotipate, apriamo una buona volta i nostri cuori allo Straniero, il Cristo!

L’Arcivescovo di Atene
Hieronymos II