Messaggio di Claudio Gugerotti, Nunzio Apostolico in Ucraina

XXV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa
IL DONO DELL'OSPITALITÁ
Monastero di Bose, 6-9 settembre 2017
in collaborazione con le Chiese ortodosse

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25 agosto 2017

Carissimi fratelli e sorelle della comunità di Bose,
Illustri partecipanti al XXV Convegno Ecumenico Internazionale,

ringrazio ancora una volta per la fraternità con la quale mi avete invitato a partecipare al Vostro Convegno. Anche quest’anno al desiderio di prendervi parte non è corrisposta la reale possibilità di farlo.

Affido a queste righe il mio affetto, i miei pensieri e l’assicurazione della preghiera con cui Vi seguo.

Essere straniero è condizione di vita. Ospitare lo straniero è un dono, e lo è prima ancora avere l’occasione di farlo. La tragedia degli infiniti migranti che vagano senza essere considerati ospiti è rifiuto di un dono che viene dall’alto. Xenofobia si chiama il peccato che vi corrisponde. Philoxenia è il tema del Vostro incontro. Dal prevalere dell’uno sull’altro dipende il futuro del nostro pianeta.

Ma vi è un aspetto, che mi sta particolarmente a cuore in quanto cristiano. Dio ha infinitamente insistito nella Scrittura per fare dello straniero un amico. Il Giubileo è la festa della philoxenia: uno straniero, dentro o fuori il popolo di Israele, viene periodicamente integrato perfino con una istituzione apposita.

Cristo Signore ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Ecco il culmine dell’atteggiamento con cui Dio rigetta la sua estraneità, anche metafisica, all’uomo e questi è chiamato a diventare familiare di Dio. Il massimo baratro della diversità, quello ontologico, viene varcato dalla condiscendenza fino all’incarnazione. Ma lo stesso Cristo Signore è condannato a morire fuori della città, ad essere straniero nonostante si sia fatto prossimo fino ad assumere identità umana.

Questo scandalo non finisce. Noi, suoi seguaci, spesso non lo abbiamo accolto nel povero, nell’affamato, nell’assetato, nel prigioniero. Anche noi lo abbiamo dichiarato straniero.

Ma la cosa ancor più paradossale è che noi stessi, membra del Corpo di Lui, piccole parti guidate da Lui, nostro Capo, ci siamo fatti stranieri l’uno all’altro, gareggiando a chi fosse “più Cristo”, o avesse “più Cristo”, o fosse “più di Cristo” e considerando gli altri tralci tranciati della stessa vigna.

È questa la nostra xenofobia. Quella di oggi in cui tentiamo di ritrovarci, ma molto tempo impieghiamo nel respingerci, nel non lasciare entrare gli “eretici”, non solo in casa nostra, ma neppure in quella di Dio. È come se Maria non corresse per l’incontro con Elisabetta, ma andasse in direzione opposta. E così Erode e Pilato, i due veri nemici, divengono amici per condannare Cristo, Signore nostro, da loro stessi reso straniero.

Ho desiderio profondo che questo vostro Convegno, questo cammino e questo vivere e spezzare il pane dell’ospitalità che la comunità di Bose offre, sia profezia, perché ovunque noi viviamo, le nostre porte non si chiudano mai di fronte al fratello e alla sorella che invocano lo stesso Santo Nome di Dio. Non sentiamoci mai orgogliosi di essere puri dal contatto col fratello, anche se lo pensiamo lebbroso. Gesù tocca il lebbroso prima di sanarlo, e compie un atto proibito, ma da esso scaturisce la salvezza e la guarigione.

Come Paolo, facciamoci anatema, perché il popolo di Dio non solo conosca,ma manifesti la philoxenia.

Ci ricorda la lettera agli Ebrei: “Non dimenticate l’ospitalità. Alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (Eb 13,2). Nell’uso di questo verbo “xenizo”, “ospitare”, rimane tutto il mistero irrisolto dell’ospitalità che significa ad un tempo accogliere ed essere ospitato, come fosse la stessa cosa, o comunque parte di un unico concetto, di uno stesso rito. Residuo forse di quei verbi reciproci molto arcaici, per cui, ad esempio, in sanscrito “dare” e “ricevere” si esprimevano con un’unica parola perché supponevano un unico segmento su cui in direzioni opposte si muoveva un’unica realtà inscindibile; complessa, forse contraddittoria, ma ancora parte di un unico atteggiamento bifronte, dove le parti in causa non si erano ancora irrimediabilmente allontanate, frantumando quanto quanto era nato per implicarsi reciprocamente.

Buon lavoro, dunque, di cuore.

Vostro nel Signore
+ Claudio Gugerotti

Arcivescovo titolare di Ravello
Nunzio Apostolico in Ucraina