Messaggio di Theodoros II, Patriarca di Alessandria

XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa

CHIAMATI ALLA VITA IN CRISTO
Nella chiesa, nel mondo, nel tempo presente
Monastero di Bose, 4-6 settembre 2019
in collaborazione con le Chiese ortodosse

Theodoros II, Papa di Alessandria e di tutta l’Africa

Alessandria, 1 settembre 2019

Santissimo padre Enzo Bianchi, presidente del Comitato scientifico del XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, grazia e misericordia su di voi dal Signore e Dio nostro Gesù Cristo.
Santo igumeno, fratelli e sorelle di questo Santo monastero,
venerabilissimi, amati da Dio, santissimi, reverendissimi,
illustrissimi relatori e relatrici,
cari partecipanti al Convegno,

il tema del vostro Convegno “Chiamati alla vita in Cristo” è molto importante per questo nostro tempo così travagliato. Ci dà speranza che il mondo trovi pace, che ascoltiamo la chiamata di Dio affinché siamo salvati in Cristo con la nostra partecipazione alla vita del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo.

La chiamata rivolta da Gesù Cristo ai suoi primi discepoli, i fratelli Andrea e Pietro, era molto semplice: “Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). Lo stesso disse ai fratelli Giacomo e Giovanni; lasciarono tutto e lo seguirono come devono fare i monaci e le monache. Per diventare discepoli di Cristo dobbiamo sacrificare quello che abbiamo per poter ricevere quello che non abbiamo, la testimonianza viva di Gesù Cristo nel mondo.

La nostra Chiesa per continuare nell’oggi l’opera salvifica di Gesù Cristo e degli apostoli ha bisogno di persone che abbiano le loro stesse virtù e la stessa abnegazione. Oltre alla via monastica, tuttavia, vi è il sacramento del matrimonio nel quale l’uomo può diventare discepolo di Cristo attraverso la diaconia nell’alleanza matrimoniale. San Giovanni Crisostomo chiama la famiglia che vive cristianamente “piccola chiesa”.

Un’altra dimensione della nostra chiamata alla vita in Cristo è l’aspetto missionario che viviamo quotidianamente nel continente africano tra tutte le razze della terra. Nel nostro servizio missionario viviamo la dimensione dell’ecumenismo e dell’universalità. L’apostolo delle genti, il sapiente Paolo, afferma che “Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28).

Nel mondo odierno in cui domina il materialismo e il peccato, non dobbiamo dimenticare che la nostra chiamata alla vita in Cristo è legata alla nostra chiamata a diventare partecipi del regno dei cieli. Questo è testimoniato del resto dalla pericope evangelica a cui la Chiesa ortodossa si richiama da secoli nella sua vita liturgica. La pericope racconta l’inizio della predicazione pubblica di Gesù Cristo; la leggiamo ogni anno la domenica successiva alla festa della Teofania (cf. Mt 4,12-17).

Il contenuto fondamentale della predicazione di Gesù Cristo in questa pericope è dato dall’invito alla conversione e dall’annuncio del regno dei cieli. “Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4,17).

L’annuncio del regno dei cieli è legato alla conversione nel senso che all’uomo è data la possibilità di vivere in accordo con la volontà di Dio, i comandamenti divini cioè i comandamenti di Cristo. Di conseguenza, l’uomo per rispondere alla chiamata di Dio e vivere la vita in Cristo deve rigettare quello che faceva e quello che fa se è in contrasto con la volontà di Dio, deve cioè rifiutare tutto quello che si oppone al bene dell’umanità e ogni forma di ingiustizia contro il prossimo e riconoscere il proprio fallimento quando, pur potendo, non aiuta chi è nel bisogno e resta insensibile.

Occorre che l’uomo proceda dal peccato alla santità, che prenda coscienza dei suoi errori, che sia pronto a chiedere perdono e ad avvicinarsi al santo sacramento della confessione per confessare i suoi peccati e le sue colpe e così, con la guida pastorale del suo padre spirituale, possa impegnarsi, sorretto dalla grazia di Dio, a convertire il proprio io, sia con la correzione di qualche errore, là dove è possibile, sia sforzandosi di non ricadere negli stessi errori.

Dopo la tappa della conversione e della confessione, il credente, sotto la guida spirituale del suo medico spirituale, cioè dei nostri presbiteri, entra ormai nella seconda tappa ascetica che è caratterizzata dalla lotta contro le passioni, la vittoria sui difetti, l’invidia, la concupiscenza, il materialismo, l’odio, la malvagità, la condanna degli altri, l’egoismo e tutte le altre abitudini malvagie quali il fumo e l’alcool, l’utilizzo di droghe e i giochi con denaro, i giochi a carte, il casinò e giochi d’azzardo, che ci trattengono lontano dall’amore puro e innocente. Questa lotta ci conduce alla tappa successiva della vita spirituale. Un peccato quotidiano all’interno delle famiglie è dato dalle offese e le critiche ingiuste tra i due sposi, tra genitori e figli, tra fratelli, tra generi, nuore e suocere. Questo accade quando uno si allontana dalla comunicazione e dalla comunione con Dio, che incomincia con l’umiltà, la pazienza e la conversione e giunge fino alla divina confessione e alla partecipazione alla divina comunione.

La tappa successiva di una vita cristiana responsabile è quella ascetica e santificante, nella quale, con la nostra degna partecipazione ai santi sacramenti della nostra Chiesa e soprattutto al sacramento della divina eucarestia, ci predisponiamo di nuovo sotto la guida dei nostri presbiteri spirituali e soprattutto dei nostri vescovi, a trasformare l’inferno del mondo in regno dei cieli. Per raggiungere questo livello occorre prima trasformare la nostra casa, la nostra famiglia in paradiso attraverso la comprensione reciproca, il sostegno vicendevole, il mutuo rispetto, l’amore, la bontà e il sorriso evitando moti di collera, nervosismi, agitazioni, rancori, critiche e giudizi vicendevoli per piccole cose, come accade agli uomini che vivono lontano da Dio. Occorre che percepiamo continuamente la presenza di Cristo attraverso la nostra preghiera silenziosa e allora non apriremo la bocca per ferire gli altri. E quando facciamo ciò che è giusto per il bene comune della famiglia e della società, non vantiamoci a motivo di parole insignificanti, preoccupandoci di che cosa si dirà su quello che abbiamo fatto e su dove andiamo.

Si può diventare cristiani più responsabili quando ci si sforza di imitare l’esempio salvifico di Gesù Cristo, di permettere che l’amore riempia il nostro cuore e di lasciare poi che si riversi sul nostro prossimo. Proviamo a sentire, come il Signore, che i problemi degli altri uomini sono anche nostri problemi e cerchiamo di contribuire con la nostra preghiera e la nostra partecipazione ad affrontarli e a risolverli. Partecipiamo cioè alla vita di Cristo. Allora, poiché lavoriamo con le nostre povere forze per un mondo migliore, giunge tra di noi come benedizione di Dio la grazia di Dio e pregustiamo il regno dei cieli dove vivranno i nostri santi, quelli cioè che cercano di vivere in consonanza con la volontà di Dio.

Così ciascuno di noi, conducendo la propria battaglia personale con le possibilità della libere scelte che può fare nella vita, per grazia di Dio può avere la possibilità della salvezza, può diventare partecipe del regno dei cieli.

La nostra salvezza in Cristo in definitiva comincia con il nostro impegno a contribuire alla salvezza del nostro prossimo. E questo può essere raggiunto all’interno dell’uso positivo dei carismi divini che ciascuno di noi riceve a partire dal giorno del suo battesimo.

L’apostolo Paolo afferma che a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo e dice che ad alcuni è dato di essere apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri (cf. Ef 4,7-11).

I grandi problemi del nostro tempo, come il problema della crisi economica mondiale, del terrorismo, dei conflitti locali, dell’insicurezza, della povertà, delle malattie infettive, dei narcotici, delle discriminazioni razziali e della disoccupazione, troveranno una soluzione con l’aiuto di Dio quando tutti noi lavoreremo con coscienza responsabile per l’istituzione del regno di Dio in mezzo a noi, con la nostra partecipazione e il nostro contributo per una soluzione giusta e pacifica dei grandi problemi che l’umanità deve affrontare.

La nostra sensibilità per la difesa dei diritti umani, per la soluzione del problema della povertà, per il rispetto della creazione di Dio, cioè dell’ambiente, e la tutela delle istituzioni democratiche apporteranno un contributo fecondo e creativo allo sforzo comune di stabilire una convivenza serena e pacifica tra i popoli.

Ricordandovi nelle mie preghiere,

Theodoros II

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