Rut – “Dove andrai tu, verrò anch’io”

Dal libro di Rut, un breve racconto, emerge un quadro della società di Israele coerente con quanto si legge in altre parti della Scrittura per quel che riguarda, ad esempio, la situazione sociale ed economica di persone poste in una situazione di svantaggio: donne, straniere, vedove. Si vede con chiarezza che due donne, Rut e la suocera Noemi, appaiono senza futuro in una società patriarcale. La legge che dovrebbe intervenire per sanare una situazione di disparità sociale viene citata, ma in maniera imprecisa, confusa, approssimativa.

Noemi, una donna ebrea, emigra con il marito e i due figli da Betlemme verso la regione di Moab, fuori dalla terra di Israele. Il marito muore, i ragazzi crescono e sposano due donne moabite: Orpa e Rut. In seguito muoiono anch’essi, e Noemi rimane sola con le due nuore. Noemi invita Orpa e Rut a ritornare alle proprie case, perché possano risposarsi e trovare una sorte più felice di quella che lei, ormai vecchia, può garantire loro. Orpa accoglie l’invito a ritornare dai suoi, mentre Rut replica: “Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta” (Rut 1,16-17). Di fronte alla determinazione di Rut, Noemi non insiste e s’incammina con lei verso Gerusalemme, dove c’era ancora un parente del marito defunto, un uomo di nome Booz, che Rut finirà per sposare.

La scelta di Rut, che decide di legare la sua esistenza a quella della suocera in maniera radicale e totalmente disinteressata, è il nodo cruciale di questa storia. Una scelta che porterà conseguenze positive nella vita dei protagonisti della storia e dell’intero popolo di Israele.

La prima a beneficare della generosità di Rut è la suocera Noemi, che comincia ad assumere un atteggiamento più positivo sia nei confronti di Dio (cf. la benedizione in Rut 2,19-20), sia nei riguardi di Rut stessa (cf. la premura che ha in Rut 2,22). Tale cambiamento è legato all’esperienza della vicinanza di Rut, che sostiene la suocera in senso fisico, procurandole l’orzo con il proprio lavoro, e anche a livello affettivo. Grazie alla compagnia della giovane, infatti, Noemi riscopre il volto promettente di Dio. Succede spesso, anche nelle nostre vite, che lo scarto tra la teoria e la pratica, tra quello che si conosce a proposito di Dio e l’esperienza che se ne fa, sia colmato da persone in carne e ossa. Si può forse dire che, nel caso di Rut e Noemi, l’azione di Dio passi attraverso i sentimenti e gli affetti disinteressati che arrivano fino al dono totale di sé. Dio non agisce solo attraverso i grandi eventi della storia della salvezza, ma si rende presente pure nelle nostre scelte di condivisione e di comunione.

Un altro a beneficare della generosità di Rut è Booz, il suo nuovo sposo. Booz, che prende a cuore la situazione delle due donne, esercita sui loro beni il diritto di riscatto e sposa Rut, ha dei vantaggi di ritorno: lui, non più giovane, avrà un figlio da Rut, segno che l’accoglienza di chi è più debole è feconda e vitale, soprattutto quando è vissuta non secondo la misura ristretta di ciò che è dovuto, ma secondo un principio di generosità che trasforma le relazioni tra le persone, al di là delle etichette e delle appartenenze etniche (Rut infatti non era ebrea, ma straniera).

Infine, le sorti dell’intero popolo di Israele cambiano grazie all’impegno delle persone: di Rut, che genera Obed; di Booz che dichiara che egli sarà considerato figlio di Maclon, il primo marito di Rut; di Noemi che si prende cura del bambino, il quale a sua volta si occuperà di nutrire l’anziana donna. È così che la storia di Noemi, Rut e Booz diventa la storia di Israele, si inserisce esplicitamente nella storia della salvezza: Obed, infatti, figlio Rut e Booz, genererà Iesse, il padre di David, il re d’Israele, dalla cui stirpe nascerà Gesù.