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Amare per la vita

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Straniera è una persona che vive in un territorio altro da quello in cui è nata e cresciuta, ma straniero può essere anche un intero popolo costretto, per ragioni di fame o di guerra, a emigrare dalla propria terra. C’è un tempo in cui Israele è stato straniero in terra di Egitto: vi ha svolto lavori pesanti, con ritmi opprimenti e paghe misere. A questa condizione avvilente ha messo fine l’intervento di Dio; così il libro del Deuteronomio rilegge, a posteriori, l’esperienza di liberazione dalla schiavitù patita dal popolo in Egitto: “Il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha liberati dalla condizione di schiavitù, dalla mano del faraone, re d’Egitto” (Dt 7,8).

Uno degli aspetti più sorprendenti di questa “liberazione” è la totale gratuità con cui viene operata: “Non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli il Signore si è legato a voi e vi ha scelto … ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri” (Dt 7,7). Gratuita è la relazione che, nel rapportarsi all’altro, non si lascia motivare dal “se” e dal “perché”, ma li abolisce contestandoli e smascherandoli come irrilevanti.

E noi, quand’è che ci sentiamo amati gratuitamente? Quando sentiamo che dicendo o facendo qualcosa otterremo amore, o quando percepiamo che le nostre parole, le scelte che facciamo, il comportamento che abbiamo non interferisce nel mantenimento di una relazione, la quale è salda a prescindere da noi stessi?

Come possiamo, da parte nostra, amare davvero e sempre meglio le persone che ci sono accanto? Infrangendo la logica del “se” (Ti voglio bene se...) e del “perché” (Ti amo perché...), per arrivare al cuore dell’amore più autentico e profondo, che ama, ama e basta. Ama perché desidera il bene e la vita dell’altro, dell’altra, ama perché gioisce della luce che d’un tratto brilla sul volto di chi ama, ama perché è felice del sorriso che si allarga sulle labbra della persona amata. Un uomo africano che sale sull’autobus strapieno al centro di Roma, è amato perché è vivo, è amato e suscita la felicità di chi pensa anche solo per una frazione di secondo che poteva morire nel viaggio che l’ha portato in una terra a lui straniera.

Israele, straniero in Egitto, poco numeroso rispetto alla popolazione locale, è stato amato così, senza se e senza perché: amato perché vivo, e perché continuasse a vivere.


Uno sguardo diverso

Pietro Bartolo è il medico di Lampedusa dal 1991. Ha curato migliaia di bimbi, donne e uomini sbarcati sull’isola tra gioie e drammi, poi diventati incubi. Niente e nulla, però, gli ha fatto cambiare idea: aiutare gli altri è un dovere, senza “se” e senza “perché”.
Ha partecipato al documentario Fuocoammare, vincitore dell’Orso d’oro di Berlino nel 2016.
Per conoscere meglio il suo impegno ti proponiamo di vedere questo video e ti consigliamo questi due libri:
Lacrime di sale. La mia storia quotidiana di medico di Lampedusa fra dolore e speranza, Milano, Mondadori, 2016
Le stelle di Lampedusa. La storia di Anila e di altri bambini che cercano il loro futuro fra noi, Milano, Mondadori, 2018