Una chiamata alla felicità

TvBoy, San Nicola Protettore dei Rifugiati. Molo di San Nicola, Bari
TvBoy, San Nicola Protettore dei Rifugiati. Molo di San Nicola, Bari

Caro amico, cara amica,

appartieni a una generazione abituata a celebrare Halloween, e forse ti chiedi cosa sia la festa liturgica di tutti i Santi (1° novembre), o meglio della comunione dei santi del cielo e della terra. Al cuore dell’autunno, dopo le mietiture e i raccolti nelle nostre campagne, la chiesa ci invita a contemplare la raccolta presso Dio dei frutti maturi suscitati dall’amore del Signore Gesù: da Abele il giusto fino all’ultimo umano morto nell’amore. La comunione di tutti i Santi è un memoriale dell’autunno glorioso della chiesa ed è una festa contro la solitudine, contro ogni isolamento che affligge il cuore umano. Ricordalo…

Oggi rinnoviamo il canto pasquale, perché se a Pasqua celebriamo il Cristo vivente per sempre, oggi, grazie alle energie della resurrezione, contempliamo quanti sono con Cristo nel suo Regno. Siamo chiamati a cantare che i tralci, potati dal Padre sulla vite che è Cristo, hanno dato frutto abbondante: questi grappoli raccolti, spremuti insieme formano un unico vino, quello del Regno. È grande il mistero che celebriamo: quelli che sono morti per Cristo, con Cristo, in Cristo, che sono con lui viventi, e quelli che sono morti magari senza conoscere Cristo ma nell’amore vissuto fino all’estremo, oggi sono un’unica comunione, formano l’unico corpo del Signore.

Comprendiamo allora perché il testo su cui siamo chiamati a meditare sia quello delle beatitudini (Matteo 5,1-12), con cui Gesù dà inizio al suo famoso “discorso della montagna”. Perché le beatitudini non sono un testo poetico né morale: sono Vangelo, buona notizia, ed evidenziano il rapporto tra fede e felicità. Sappiamo che la beatitudine, la felicità deriva innanzitutto dall’avere un senso nella propria vita, dal possedere una direzione, una ragione per vivere. Solo chi conosce una ragione per cui vale la pena di perdere la vita, solo chi crede in qualcuno per amore del quale si può dare la vita, solo chi crede in qualcosa per cui vale la pena morire, ha anche una ragione nella sua vita quotidiana e quindi conosce la beatitudine.

Le beatitudini ci svelano che ci sono situazioni che mettono in comunione con Dio, destinatarie di una promessa da parte di Dio e dunque luoghi di speranza. Gesù ci dice che la felicità consiste nell’essere poveri nel cuore, cosa differente dall’essere semplicemente poveri; nell’essere miti, sempre nel cuore, il che significa assumere la mitezza, non avere atteggiamenti di passività di fronte agli altri; nell’avere fame e sete che regnino la giustizia, la verità, la sincerità; nell’essere puri di cuore, cioè nell’avere su ogni realtà uno sguardo che è quello del Dio raccontato da Gesù; nel praticare la misericordia; nel fare azione di pace; nell’essere calunniati e perseguitati, se necessario, per amore suo e del Vangelo. Davvero le beatitudini ci svelano il rapporto tra la fede e la felicità. Chi è in queste situazioni, chi a fatica cerca di assumere tali atteggiamenti, ascoltando le parole di Gesù giunge a sperimentare che l’azione di Dio è a suo favore: ecco la gioia che niente e nessuno possono rapirci! Giunge a comprendere che il giudizio di Dio è un giudizio beato, che sarà per lui buona notizia: nulla da temere dunque nel giudizio, nel tempo della mietitura, ma anzi l’attesa che il giudizio si compia e siano finalmente stabilite la giustizia e la verità, anche se qui sulla terra sono state negate.

Ecco allora la domanda decisiva: è possibile trovare gioia nel vivere le beatitudini già qui e ora? Essa riceve una riposta positiva ma non trionfale, non attraverso forme che si impongono, non agli occhi del mondo: nel quotidiano spesso nascosto, spesso nella solitudine, quando possiamo davvero esercitarci in questo rapporto di comunione con il Signore, cominciamo a sperimentare che cosa è la beatitudine. Allora non siamo soli ma ci sentiamo avvolti da una grande nube di testimoni che ci hanno preceduto, le sante e i santi, donne e uomini peccatori e normalissimi, che però hanno tentato di vivere il Vangelo. E la beatitudine è ciò che ci unisce: loro perché la vivono piena in cielo, noi perché cominciamo a sperimentarla in terra, nella nostra vita cristiana e umana. Cristiana perché umana, sulle tracce dell’umanità di Gesù, colui che ha portato ogni beatitudine portando se stesso. Buona festa della comunione di tutti i santi!