La parola sincera

Ogni giovinezza schietta e viva sta sotto il segno della veracità. Dallo spirito di verità ha origine ciò che in essa può diventare grande e duraturo. Ha un vero spirito giovanile solo colui nel quale è viva la seria, forte e lieta volontà di vero. Egli deve tendere a liberarsi da ogni realtà menzognera; diventare schietto nel suo sentire, non contraffarsi, deve lottare per un giudizio chiaro, voler diventare semplice nella sua indole, sincero verso Dio, gli uomini e se stesso. Deve saper guardare in faccia le cose e avere il coraggio delle proprie opinioni.

Ma tale decisione, di attuare la verità in se stessi, non è presunzione. Non deve significare che ci si vuol far valere. La nostra veracità deve essere al servizio di Dio. Il nostro “esser veri” è da intendersi nel senso che ci avviciniamo maggiormente a Dio. Egli deve dominare in tutto ciò che facciamo e che siamo, tutto deve essere suo. Ciò avviene attraverso la veracità, solo se questa è intesa in spirito di sottomissione. Non dobbiamo, tramite la veracità, andare in cerca di noi stessi, ma di Dio, poiché egli è la verità. Allora la nostra vita diventa possesso di Dio. Se, per esempio, qualcuno risponde lealmente a una domanda, nella sua risposta regna Dio. Quando due intrattengono tra loro una sincera amicizia, tra loro regna Dio. Potremmo dire che quando gli uomini sono schietti e si comportano e parlano e pensano sinceramente, dentro di loro si estende il regno vivente di Dio.

È bene però domandare a noi stessi se il nostro essere sinceri procede realmente “dalla verità”. Dobbiamo dire la verità ma con “accortezza”, vale a dire “amorevolmente”. Quel che si ha da dire, si dica, piaccia o no agli altri. Si deve anche essere pronti a sopportare le conseguenze. Ma la verità deve essere detta con profondo rispetto. Occorre discernimento e cuore per non fare del male. Prospettati sempre le conseguenze. E subito noterai quello che non va. La difficoltà sta tutto in questo, che non si può staccare la verità dall’amore.

La falsa sincerità non dura a lungo. Un bel giorno si sfascia vergognosamente. Dura soltanto quella che viene da retta intenzione, e che si preoccupa di mantenersi nell’amore verso gli uomini, e nel rispetto della dignità stessa. Dobbiamo dunque preoccuparci di essere sinceri, incondizionatamente, ma anche dobbiamo avere riguardo del prossimo. Essere incondizionatamente sinceri, e sapere in pari tempo quando è il caso e il momento di parlare, e quando non lo è. Con un tale genere di veridicità, lavoriamo a edificare il regno di Dio.

E sai, dove si può imparare qualche cosa che serva alla veridicità del discorso; qualche cosa che altrove non ci sarebbe dato di trovare? Nel silenzio e nella solitudine. Ritiriamoci qualche volta in totale solitudine, lontano dagli uomini. E qui stiamo veramente in silenzio. C’è anche una sorta di cicaleccio interiore; anche questo deve cessare. Sono al cospetto di Dio e della mia coscienza: ora possiamo riflettere tranquillamente su una questione importante. Tutto questo rende la nostra parola, se dobbiamo parlare, più piena e più vera. Nella solitudine impariamo la sana e giusta maniera di stare tra gli uomini. Il silenzio ci insegna a parlare.

Tratto da: Romano Guardini, Lettere sull'autoformazione, Brescia 1958


In questa lettera, idealmente rivolta ad un giovane per donargli alcune indicazioni nel percorso di formazione, Romano Guardini mette a tema la veracità. Qualità essenziale dell’uomo e della donna maturi, la capacità di essere veri di fronte a se stessi e agli altri scaturisce soprattutto da una disciplina della parola. La parola infatti sgorga dal cuore, porta ad evidenza ciò che lo abita e raggiunge il cuore dell’altro. Per questo essa chiede la nostra più piena responsabilità.

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Luciano Manicardi, Il vangelo della fiducia