Dare la parola agli esclusi

Guarigione dell'uomo cieco, Duccio di Buoninsegna (1308-1311)
Guarigione dell'uomo cieco, Duccio di Buoninsegna (1308-1311)

I cambiamenti più veri nella condizione umana avvengono dall’incontro personale, dal dare la parola al dolore degli esclusi. Anzi la guarigione del cieco provoca anche la guarigione di molti altri (cf. Luca 18,35-43). La folla che non sapeva di vedere ... riceve la vista grazie proprio a colui che, invece, avrebbe voluto zittire. Spesso la parola che il gruppo vuole zittire è proprio quella di cui ha bisogno per continuare a vivere. Ascoltare il “silenzio degli ultimi” dovrebbe essere la nostra passione come credenti e come interessati alle sorti dell’umanità. In ogni convivenza umana – nella polis come nella casa, nella comunità ecclesiale come in quella educativa – non tutti hanno la possibilità di dire la “propria” parola sul vivere insieme di cui fanno parte. Vengono definiti “ultimi” quelli che non riescono a fare sentire le loro parole, le loro grida, il loro silenzio.

Paradossalmente la vita e la crescita genuina di ogni convivenza richiedono la partecipazione di tutti. È scientificamente accertato che qualsiasi gruppo s’inaridisce e non raggiunge lo scopo per cui esiste se non prende in considerazione anche la parola degli ultimi. Chi ha esperienza di animazione di gruppi, sa che quando si riesce a coinvolgere i “silenziosi”, il gruppo ritrova vitalità ed energia. Il silenzio degli ultimi, le parole inascoltate non solo riducono la creatività e la vitalità del gruppo ma si trasformano in spinte distruttive a livello aggressivo o depressivo. Le parole non dette ci ha ricordato il poeta “impietriscono lo spazio tutto intorno”. Non si tratta solamente di una visione solidale del vivere insieme per cui “la campana suona anche per te” e “il dolore di ognuno è il dolore di tutti”: è il principio olistico ... che dimostra l’esistenza di una tale connessione tra tutti per cui la sofferenza di ognuno influenza, a molti livelli, gli altri, anche lontani ..; quando nella polis un gruppo domina zittendo l’avversario “sconfitto”, crea le premesse per future esplosioni di violenza.


Ogni persona, ogni gruppo, ogni popolo zittito, un giorno o l’altro, fa esplodere un fuoco distruttivo per dare visibilità alle proprie parole. Ogni società deve controllare le innate e,spesso non esplicitate, tendenze a emarginare i gruppi meno forti. Solo una grande passione per gli ultimi provocherà un coinvolgimento attivo di tutti nella logica della reciprocità e la polis potrà essere il luogo dei tanti (e non di alcuni); Ogni città dovrebbe educare ed essere educata alla logica dell’inclusione: ci vorrebbero laboratori per formare cittadini e politici all’ascolto delle parole silenziose, di quelle che non risuonano nella “piazza”. Sappiamo, d’altronde, che l’ecologia di cui la terra ha estremo bisogno per rimanere abitabile si fonda sul “sentirsi responsabili” persino delle generazioni future, anche se non sentiamo la loro voce (Hans Jonas). diventa sempre più evidente che l’umanità avrà un futuro se ascolterà sin d’adesso l’umanità futura (AA; VV., Lo sguardo dal basso. I poveri come principio del pensare, Argo, Ragusa 2004, pp. 60-63)

Giovanni Salonia