La comunità cristiana e la polis

Nell’edificazione della polis che li accomuna agli altri uomini, i cristiani non hanno certezze o ricette: il vangelo non fornisce formule magiche in base alle quali indicare la via che conduce infallibilmente alla realizzazione degli obiettivi di una polis. Nessuno sarà mai dispensato dal portare, a proprio rischio e pericolo, giudizi pratici sulle minacce incombenti, sulle situazioni da affrontare e da analizzare, sulle scelte da fare tra le possibilità offerte. Si situa qui la responsabilità storica di ogni credente e la sua obbedienza creativa al vangelo eterno: il cristiano può vivere la propria fede solo immergendosi nella storia e nella sua opacità, nelle sue contraddizioni, nelle sue problematiche, mai evadendo dalla storia che è l’ambito del manifestarsi della presenza di Dio.

Ma in questa immersione, la comunità cristiana è chiamata a vivere una differenza nella qualità, delle relazioni, divenendo quella comunità alternativa che, in una società connotata da relazioni fragili, conflittuali e di tipo consumistico, esprima la possibilità di relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal perdono reciproco. È la “differenza” cristiana, una differenza che chiede oggi alle chiese di saper dare forma visibile e vivibile a comunità plasmate dal vangelo: in questa capacità di costruzione di una comunità, il cristianesimo mostra la propria eloquenza e il proprio vigore, e dà un contributo peculiare alla società civile in cerca di progetti e idee per l’edificazione di una città veramente a misura d’uomo. Né si può dimenticare che proprio con la capacità di originare forme di vita comunitaria, inventando strutture di governo ispirate a corresponsabilità, rapporti di autorità vissuti come servizio, il cristianesimo mostra la sua vitalità storica e svolge un’importante diaconia per la società civile.
Proprio la concezione della comunità come copro può aiutare la chiesa a indicare agli uomini forme e modalità di comunicazione che siano umane, umanizzate e tendenti al rispetto dell’altro, del suo pensiero, della sua diversità ... Il proprio della comunità cristiana nelle attuali contingenze storiche, il suo compito profetico, consiste in un lavoro di profondità e di lungo periodo che getti le basi per una convivenza possibile e praticabile, che dia senso, che apra al futuro e che, suscitando attese e progettualità, renda vivibile l’oggi. La differenza cristiana diviene così stimolo e fermento nella società perché ogni parola e gesto profetico hanno ricadute sulla compagine sociale. Tuttavia, se la parola della chiesa dimenticasse la propria qualità di eco della parola di Dio, se pretendesse di fornire indicazioni tecniche sul piano economico o di suggerire formule politiche, rischierebbe di introdurre germi di contrapposizione e divisione nella stessa comunità cristiana. Per questa presenza e questo annuncio profetico del vangelo occorrerà sempre una testimonianza ispirata a dolcezza e mitezza, ma capace di fermezza e rigore

(Enzo bianchi, La differenza cristiana , Einaudi, Torino 2006, pp. 46-49).