Vivere la pace in comunità

La relazione personale richiede tenerezza e gentilezza. L’opposto dell’amore è la durezza di cuore e l’insensibilità; è l’indifferenza agli altri e a ciò che pensano, sentono e richiedono, evitando di incontrarli e costruendo meccanismi di difesa. La paura rinchiude le persone dentro i sistemi di difesa propri di ciascuno, ma la pace non è semplicemente l’assenza di guerra e non è solo vivere accanto agli altri, ignorandoli o evitando il contatto con loro. La pace implica la conoscenza reciproca, l’apprezzamento dell’altro, il riconoscere e accogliere i valori che ciascuno possiede e dona all’altro. La pace deriva dalla comunione dei cuori, in cui si scopre che siamo veramente fratelli e sorelle, appartenenti a una comune umanità. Questa comunione di cuori non è per niente sentimentale; non significa semplicemente mettersi al sicuro nel calore di un gruppo amico. Tale comunione richiede che insieme, come comunità e come amici, siamo impegnati a lavorare per la pace e la giustizia. La pace è il frutto dell’amore, un amore che è anche giustizia. Ma crescere nell’amore richiede fatica, una dura fatica. E può causare dolore, perché implica una perdita delle certezze, delle comodità, ferisce quel rifugio in cui siamo al sicuro e ci obbliga a definire meglio noi stessi.

Da “Trovare la pace” di Jean Vanier, ed. Messaggero di Padova 2004