Solidarietà come portare

Colpisce la figura dei quattro uomini che portano il malato sorreggendo la pesante barella: persone anonime, forse famigliari o amici o semplicemente conoscenti del malato che si sono offerti per realizzare quello che possiamo supporre fosse un desiderio profondo del malato stesso: incontrare Gesù. I quattro sono anonimi, definiti solamente da quell’atto di “portare il malato”. E si indovina il legame profondo tra il malato e i suoi portatori: c’è un’intesa, una inseparabilità, una complicità buona che si instaura tra di essi. Portare il malato che è impotente a muoversi, che non ha l’autonomia di camminare, è un gesto che chiede di combinare forza e delicatezza, decisione e amore, intelligenza e carità. È un gesto che esprime la carità in cui si manifesta la fede: “Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo” (Giobbe 29,15), dove il farsi pietoso accompagnatore del cieco e sostegno dello zoppo viene visto come un divenire parte del corpo malato, tanto intimo è il rapporto che si stabilisce fra i due. il portatore dona un po’ della sua forza all’invalido, il malato condivide un po’ della sua debolezza con il portatore. Questa condivisione, questa relazione, questa partecipazione è talmente intima e profonda che diviene corporea: uno sceglie di portare il peso che il malato è, mentre il malato accetta di lasciarsi portare.


Nel brano di Marco la determinazione dei portatori emerge di fronte alle difficoltà e agli ostacoli che trovano sul loro cammino. Non riuscendo a portare il paralitico davanti a Gesù perché la folla e la calca lo impedivano, non esitano a salire sul tetto della casa in cui si trova Gesù e “fatta un’apertura, calarono la barella dove giaceva il paralitico” (Marco 2,4). Quel gesto diviene per Gesù visibilizzazione della fede dei portatori: Gesù, infatti, “vista la loro fede” (Marco 2,5), perdona e guarisce il paralitico. L’immagine va oltre ciò che riguarda il malato e diviene modello di ciò che si dovrebbe vivere nelle comunità cristiane: essere portati dagli altri nelle proprie miserie e malattie, nei propri peccati e nelle proprie debolezze. Essere portati perché si è incapaci di camminare da soli. qui il gesto di portare il malato assume un connotato di sacramentalità e di esemplarità: è segno di ciò che il Padre fa con il credente e il modello di ciò che dorrebbe avvenire nella chiesa tra i fratelli. In questo gesto vi è il sacramento di una verità spirituale che riguarda ogni cristiano: ognuno è bisognoso di essere portato dall’altro (L. Manicardi, {link_prodotto:id=606}, Qiqajon, Bose 2004, pp. 21-22).