Rifiutare il saccheggio del pianeta

“Il cibo è la nostra comunione naturale alla carne del mondo” (Sergej Bulgakov). La benedizione sul cibo, su tutto il lavoro che lo produce, implica il rifiuto del “saccheggio del pianeta”, il rispetto dei ritmi della vita; essa ci fa passare da un rapporto da vampiri con la natura – mangiare per essere infine mangiati – a un rapporto eucaristico che rende Dio presente nei cicli vitali, nelle grandi pulsazioni energetiche della natura. La terra appartiene a Dio e la benedizione del cibo esige la sua circolazione benefica, la sua giusta condivisione. Una cosmologia di comunione, qui, deve iscriversi in una sociologia di comunione. Perciò il digiuno è inseparabile da questa consacrazione del cibo. È la sola cosa che ci permette di prendere una distanza indispensabile rispetto alla voracità egoista della condizione decaduta. Rifiuta di far convergere su di sé, alleggerisce la vita cosmica e soprattutto permette l’indispensabile condivisione con i poveri. È nello spirito del digiuno che i cristiani dovrebbero far fronte alla società del consumo e dell’abbondanza, ma anche all’arroganza, perché non riguarda che una minoranza di persone. È in questo spirito, che è nutrimento di Cristo nell’amore del povero: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Matteo 25,35), che devono collaborare con tutti coloro che lavorano in un modo disinteressato a questa condivisione ormai necessariamente planetaria. La benedizione, il rispetto della terra, la sottomissione a ogni vita nella sua feconda bellezza, la condivisione con i poveri, ci devono far convergere per preparare la trasformazione della terra in eucaristia (O.Clément, Il senso della terra, Lipa, Roma 2007, pp. 65-66).