Chiesa straniera

“Stranieri e pellegrini” (Prima Lettera di Pietro 2,11): così il Nuovo Testamento definisce i cristiani. Possiamo tranquillamente affermare che questo principio ispiratore dello stare dei cristiani nel mondo e nella storia è stato dimenticato nei secoli della cristianità, intesa come “istituzionalizzazione della simbiosi tra la fede cristiana e una cultura determinata, simbiosi che produce un’entità sociale, politica, economica e istituzionale” (Giuseppe Alberigo). Eppure ci sembra che quelle categorie bibliche che sintetizzerei sotto il neologismo di “stranierità” … ridiventino essenziali oggi a un cristianesimo che consoce la situazione di minoranza nel mondo e che è ormai fuoriuscito dall’epoca della cristianità … La chiesa è se vive la stranierità, è nella misura in cui è in cammino, in ricerca, impegnata nell’esodo … Stranierità significa uscire da ogni logica nazionalistica, vivere la provvisorietà e al transitorietà degli assetti culturali, percepire che la “verità” non è un possesso proprio da imporre agli altri, ma che essa eccede tutti, anche la chiesa. E se la chiesa riconosce che in tutte le culture e religioni vi sono “semi di verità”, una chiesa che vive la stranierità ricuoce di essere essa stessa “seme”, annuncio e prefigurazione, segno a volte luminoso, a volte opaco, di una dimensione che al supera infinitamente (il “regno di Dio”) … Significa che l’altro non è anzitutto colui che devo evangelizzare conducendolo alla mia verità, unica e universale, ma colui che posso incontrare accogliendolo nella sua unicità, nella sua verità.


Significa dunque comprendere che la “verità” non è mai senza l’altro, né tantomeno contro l’“altro”, perché “l’altro” è sacramento cristico; che non può essere racchiusa in categorie giuridiche o in affermazioni dogmatiche, ma che è un “evento” creato dallo Spirito nella storia nell’incontro tra diversi, fra stranieri che scoprono la possibilità di una comprensione e di una relativa comunione proprio perché accettano di non essere “padroni di casa”, detentori del Senso, proprietari della Verità. Stranierità significa provvisorietà, precarietà, povertà di mezzi e strutture . significa apertura al Dio che viene, all’orizzonte escatologico … Solo una chiesa in stato di stranierità non si “fissa” sul presente assolutizzandolo e idolatrandolo, ma si apre al futuro e diviene segno di speranza per gli uomini. La Scrittura mostra che il Dio biblico è il Dio degli stranieri, il Dio che si fa straniero, che sceglie a marginalità, il “di fuori”, fino a rivelarsi quale Dio degli ebrei schiavi in Egitto e a manifestarsi in Gesù che nasce in un luogo decentrato e marginale, perché “non c’era posto per lui” (Luca 2,7) e che nel suo ministero storico “non aveva dove posare il capo” (Luca 9,58). La croce poi, centro della rivelazione cristiana, costituisce il momento tragicamente culminante della radicale stranierità: Gesù stesso appare fuori dalla società civile e religiosa, estraniato da Dio, abbandonato da Dio, fuori dalla salvezza. Ma.. proprio quello è il momento del dilatarsi della comunione a tutti gli uomini. E anche per la chiesa solo la dimensione della stranierità è creatrice di comunione (Enzo Bianchi, Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, Piemme, Casale Monferrato 1995).