Giorgio La Pira

Giorgio La Pira (1904-1977)
Giorgio La Pira (1904-1977)

A ventun'anni scrive allo zio: “Il cattolicesimo ... non si limita ad una sterile critica dei testi o ad una disattenta e arbitraria interpretazione intellettuale della Carità. È Azione, cooperazione fattiva di Dio e dell'uomo: gettar mille ponti che permettono il passaggio dalla terra a Dio: vuole che ogni uomo esperimenti - sia pure in minima parte - le delizie della santità e inizi l'ascesa della scala mistica che Gesù Cristo pose fra la terra e il cielo. Ora questi esperimenti sono concreti, richiedono tutto l'uomo, nella sua bellezza interna ed esteriore ... La pace che l'animo possiede deve rispandersi sulle cose della terra, per sollevarle, ordinarle, purificarle. E tutta la sublime sapienza della chiesa non ha altro fine che questa armonia sempre accresciuta, che questa sempre più perfetta aderenza del mondo interiore ed esteriore”. Da questo testo appare chiaramente il primato della fede come elemento costitutivo della vita spirituale e dell'esperienza storica di La Pira.
Dopo aver studiato a Messina, va a Firenze dove nel 1927 gli viene offerto un insegnamento. Nel 1928 entra a fa parte dell'Istituto secolare dei Missionari della Regalità fondato da p. Agostino Gemelli. Nel 1933 vince la cattedra di Istituzioni di Diritto Romano all'università di Firenze. Tra il 1939 e il '40 pubblica la rivista «Principi» che viene messa a tacere dal regme fascista. Nel 1946 viene eletto deputato alla Costituente come indipendente nelle liste della DC.


Dopo un incontro con De Gasperi e Dossetti ribadisce la sua scelta di fondo: “Ecco, mi dicevi, il mio vero posto politico: essere sì molto vicino agli uomini che hanno la responsabilità del potere: ma per svolgere una funzione che essi non hanno il tempo e la vocazione di svolgere: quella d pregare, di meditare, di studiare, di consolare: insomma di essere una lampada viva di interiorità per dare a tempo opportuno quei riflessi di interiorità che servono a chiarire una situazione, a portare sostegno e speranza in circostanze determinate”. Qualcuno parla di una seconda conversione di La Pira che sarebbe avvenuta tra il '48 e il '51 durante la sua esperienza di sottosegretario al lavoro e poi di sindaco di Firenze. Certamente incontra per la prima volta i drammatici problemi dei disoccupati, si imbatte nelle contraddizioni della società di quegli anni. L'esperienza di governo e soprattutto quella amministrativa pone problemi nuovi a La Pira che dimostra sempre una grande invenzione e libertà nell'affrontarli ma non modifica la sua identità più profonda, che è la sua fede, la sua vita spirituale.
Nel pieno della guerra fredda nel giugno del 1952 La Pira organizza il primo dei Convegni per la pace e la civiltà cristiana che si ripeteranno ogni anno fino al 1956. Nel 1955 propone, ampliando fortemente la prospettiva, il Convegno dei sindaci delle capitali del mondo. Nel '54 a Ginevra invitato dalla Croce Rossa Internazionale pronuncia il discorso sul ruolo delle città dinanzi alla minaccia nucleare.


 La Pira, come sindaco di Firenze, si pone a difesa di tutte le città, del loro diritto ad esistere di fronte all'incombente minaccia nucleare. In nome della città egli diventa testimone della pace contro le ragioni degli stati.
Organizza 4 colloqui mediterranei (1958,1960,1961,1964). Nell'agosto 1959 La Pira va a Mosca a ricambiare la vista del sindaco di Mosca che era venuto a Firenze per il Convegno de sindaci delle Capitali. Nel discorso di commiato lega il tema religioso a quello della pace: “La polemica anti-religiosa non giova al vostro paese e alla pace. Perciò io auguro, con tutta l'anima, che l'intelligente popolo sovietico ed suoi dirigenti sappiano valutare con realismo l'intera questione. Ripeto di essere profondamente convinto che siamo entrati in un'epoca storica totalmente nuova ... Voglio dirvi che dobbiamo tutti cambiare la nostra intelligenza politica. Fino a ieri, si può dire, i rapporti tra gli stati erano fondati sull'ipotesi dell'inevitabilità della guerra ... Oggi con le bombe nucleari che annienterebbero l'intera umanità, l'ipotesi è rovesciata: non si può fare la guerra, fisicamente essa è un'assurdità impossibile”.


In questi anni '60 Firenze assume un ruolo maggiore come città della pace. La Pira subisce un processo per aver permesso la proiezione del film “Non uccidere” di Autant Lara, Balducci è processato per aver difeso l'obiezione di coscienza.
Abbattere il muro della guerra e costruire il ponte della pace diventa sempre più l'impegno di La Pira, eliminato da Palazzo Vecchio nella crisi politica del 1965. Nello stesso anno va ad Hanoi, nel Vietnam del nord per gettare il seme della pace tra Stati Uniti e Vietnam del nord. Nel 1967 si incontra dopo la guerra dei sei giorni, con le guide politiche dell'Egitto e di Israele. Confortato dal magistero di Giovanni XXIII riprende la sua tesi sull'impossibilità della guerra nell'età nucleare.
Si convince che il vero realismo implica il disarmo completo e la nonviolenza.


In questa sua azione a favore della pace e dei poveri La Pira ha sperimentato la diffidenza, l'opposizione, la derisione non tanto degli avversari, quanto degli amici, di coloro che erano politicamente e culturalmente vicini a lui. Ma resta un uomo libero, si fa viandante della pace in ogni luogo dove è necessario bussare ad una porta, ascoltare e parlare senza pregiudizi. Forse è l'unico uomo italiano che sa misurarsi sui destini del mondo, attuando una singolare politica estera che ebbe una sua efficacia. È la fede nel Risorto che gli permette di comprendere le profondità della storia: «Anche nel profondo della storia umana, così agitata in superficie, vi sono grandi e misteriose correnti che trascinano in un senso ben preciso: cioè verso l'unità e la pace. Bisogna saperle individuare. Ed è questa la funzione più alta della cultura. Il politico che tiene gli occhi fissi solo alla superficie non vede che cosa avviene nel profondo, non vede o trova irragionevole quello che ha affermato Paolo VI nel suo ultimo discorso sulla pace: come cioè l'utopia sia destinata a divenire storia e come la storia, alla fine, debba arrendersi all'utopia». La Pira è viandante della pace, ha la chiaroveggenza dei puri di cuori.

La Pira autobiografico, Pagine antologiche, Torino, SEI, 1994