Primo Mazzolari

Primo Mazzolari (1890-1959)
Primo Mazzolari (1890-1959)

Il percorso di Mazzolari fu singolare. Da interventista partecipò alla prima guerra mondiale, visse la seconda partecipando alla resistenza, proclamò le parole del vangelo della pace durante gli anni difficili e drammatici della guerra fredda.

Quando l'Italia entra in guerra nel 1915 don Primo ha venticinque anni ed è prete da tre.
All'inizio del 1917, in una situazione molto delicata per l'esercito italiano, don Primo scrive un articolo per «L'Azione» in cui racconta il suo travaglio: “Forse si è fatto troppo spreco delle sante parole di giustizia, di redenzione dei popoli, di epoca nuova”. La violenza della guerra comincia a mettere in crisi i suoi ideali, e soprattutto ogni giustificazione e legittimazione della guerra stessa e le grandi parole si svuotano di fronte al massacro degli uomini.


Nel marzo 1920, Mazzolari è cappellano in Germania al seguito delle truppe di occupazione italiane.Nel suo diario il 2 aprile 1920 scrive: “Se la patria, come la vedono alcuni, è incompatibile con lo spirito che parla dalle pagine evangeliche, io rinuncio piuttosto alla patria. Io sento di amarla e di servirla meglio di qualunque altro, gridando i miei sentimenti con la parola di Cristo”. Siamo esattamente agli antipodi della posizione assunta da don Primo all'inizio della prima guerra mondiale. Si assiste qui a un rovesciamento della posizione. La patria non è più un valore assoluto, ma lo è l'evangelo. Vi è la coscienza che la guerra non ha prodotto alcun frutto di pace.
L'entrata dell'Italia in guerra il 10 giugno 1940 pone don Mazzolari in un'angoscia profonda.
Non c'è niente di quell'imperialismo cattolico che pure era largamente presente nella chiesa italiana, e non c'è niente di quello spirito che l'aveva portato ad essere interventista convinto nel 1915. Vi è la consapevolezza di vivere un'ora tragica, che avrebbe messo in questione la fede e la chiesa, di un'ora di tenebra che segnerà tutti e ciascuno.


Seguendo questa linea, critica l'intervento degli Stati Uniti nella guerra di Corea; nel gennaio del 1951 a un convegno delle Avanguardie cristiane, movimento da lui fondato, ripercorre la sua storia e a partire da essa mette in questione la giustificazione della guerra.
L'attenzione alla storia, ai suoi eventi, alle nuove condizioni della guerra portano don Primo a un passaggio importante. Proprio la sua attenzione ad un cristianesimo incarnato, che sia capace di misurarsi sui fatti, e sia in grado di modificarli, lo conduce ad abbandonare vecchie categorie, che appartengono ad una lunga stagione storica, ma ora appaiono inadeguate rispetto al mutare dei tempi: “Se non vogliamo che la guerra con tutte le sue inutili stragi si insinui nei nostri piani, in nessun modo, non possiamo ammettere nessuna eccezione, né di guerre difensive, né di guerre rivoluzionarie”.


Nel 1952 Mazzolari scrive Tu non uccidere che uscirà anonimo nel 1955. Rappresenta la riflessione più matura intorno al tema della pace e della guerra. Sottolinea con forza l'alterità tra vangelo e guerra: “Cristianamente e logicamente la guerra non si regge (e tu non uccidere, per quanto ci si arzigogoli sopra, vuol dire tu non uccidere); e per di più si uccidono fratelli, figli di Dio, redenti dal sangue di Cristo; sì che l'uccisione dell'uomo è a un tempo un omicidio, perché uccide l'uomo; suicidio perché svena quel corpo sociale, se non pure quel corpo mistico, di cui l'uccisore stesso è parte; è deicidio perché uccide con una sorta di esecuzione di effige l'immagine e la somiglianza di Dio, l'equivalenza del sangue di Cristo, la partecipazione, per la grazia, della divinità”.
Tu non uccidere è un testo di grande suggestione; in esso è presente la tensione tra prospettiva di cristianità e urgenze del Vangelo, ma in alcuni passi il riferimento alla parola di Gesù è così forte da superare la tradizionale teologia della guerra giusta e da prefigurare la via della testimonianza evangelica della pace fino al martirio, fino a dare la vita per il nemico, in obbedienza al comando del Signore.


Mazzolari non è un teologo cui chiedere una dottrina sistematica, ma un credente e un prete che cerca con tutte le sue forze di incarnare il cristianesimo nella vita degli uomini, nella sofferenza della gente. Lungo la sua esistenza il crinale della pace e della guerra gli appare sempre più un luogo decisivo della testimonianza cristiana. Egli stesso ha sperimentato sulla sua pelle dalla partecipazione come interventista convinto alla guerra del 1915-'18, al dibattito sulla pace e sulla bomba atomica durante la guerra fredda, la faticosa uscita dalla tradizionale teologia della guerra giusta. Per questo non assume mai toni polemici contro la chiesa, anche se spesso la sua critica è profonda e paga per questo prezzi alti - nel 1954 il S. Uffizio gli restringe la predicazione alla sola parrocchia e gli proibisce di scrivere e dare interviste su materie sociali. Chiede solo che la sua posizione non sia negata, che il seme della resistenza evangelica alla guerra sia lasciato germogliare. Il suo itinerario lo porta a prefigurare una chiesa che non ha altra pretesa in mezzo agli uomini che quella di seguire il comando di Gesù, senza appoggi né sostegni umani, dando la vita per i nemici.

Primo Mazzolari, Tu non uccidere, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 1991