“E io da parte mia vi dico”

Foto di Yousef Espanioly su Unsplash
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2 marzo 2023

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 5, 20-26 (Lezionario di Bose)

In quel tempo1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. 21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna. 23Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!


Sul monte Gesù non abroga la legge di Mosè, non ne decreta una nuova. Sul monte Gesù, nel primo dei suoi cinque discorsi riportati dall’evangelista Matteo, ne riscopre il profumo originario, ridesta il roveto ardente sotto la brace dei formalismi giuridici. Gesù non si sostituisce a Mosè, piuttosto aggiunge all’opera di Mosè l’elemento che mancava ancora per portarla a compimento, a pienezza. 

La pienezza della legge per Gesù sta nel comandamento dell’amore, l’agape, di cui le beatitudini sono l’espressione più riuscita. Gesù dà una nuova interpretazione della “sempreverde” legge mosaica. Reinterpreta autorevolmente la Torah alla luce dell’intenzione profonda e originaria di Dio rivelandone il cuore pulsante.

Il procedimento utilizzato nel brano di oggi – “Avete inteso che fu detto agli antichi … ma io vi dico” che si potrebbe anche tradurre, senza calcare troppo sull’avversativa: “Ebbene io vi dico”, “E io da parte mia vi dico” – è quello del commentatore autorevole della legge, che chiede di coglierne l’essenza e riscoprirne la portata rivoluzionaria. 

Il singolo precetto si sgancia da un’osservanza superficiale ed esterna e diventa più radicale, più esigente, perché opera più in profondità nel nostro mondo interiore. Il rispetto formale della legge arriva fino a un certo punto. Una volta che la legge è stata adempiuta, ci sentiamo a posto. Gesù propone un nuovo modo di ascoltare la legge per viverla come propulsore di uno sforzo mai esaurito, di una conversione infinita che sempre ci è davanti, in vista di una giustizia “sovrabbondante”, che vada oltre una visione letteralista e scrupolosa della legge, tipica degli scribi e dei farisei, da cui Gesù chiede di prendere le distanze.

Non basta non uccidere fisicamente. Si può uccidere l’altro e ledere la sua dignità in mille modi e con le armi più svariate. Gesù ci rivela che anche una parola maldestra può togliere l’altro di mezzo, può annientarlo, può imprigionarlo nei suoi errori, può bloccarlo nel suo passato e impedirgli un futuro diverso, può farlo scomparire dal mio orizzonte.

Se voglio pregare Dio con un cuore libero, devo sgombrare proprio dal cuore ogni pensiero di male nei confronti del fratello, della sorella. Gesù chiede non di rinviare, ma addirittura interrompere la mia pratica cultuale per andare a riconciliarmi prima con lui o con lei. “Non solo il culto non è tutto e non è la cosa più importante, non solo va subordinato alle esigenze dell’amore fraterno, ma senza di esso non ha alcun valore neanche come culto, come atto rivolto a Dio: è semplicemente impossibile; tornerà ad avere un senso solo dopo la riconciliazione con il fratello” (Vittorio Fusco). 

Addirittura Gesù chiede di farsi carico anche della rabbia e dell’ira che l’altro può avere contro di me, non solo di quella che io ho contro di lui.

E Charles de Foucauld commenta: “Essere sempre noi a muoverci, a precedere, a fare i primi passi in questo senso, per amore di coloro che sono nostri fratelli in Dio … in tutti i casi, farlo con fretta e con tutto il nostro cuore, perché tra i figli di Dio ci siano l’amore, la pace, l’unione”.

fratel Giandomenico


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