Vincere il male con il bene

Foto di Vitolda Klein su Unsplash
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4 marzo 2023

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 5,38-48 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse alle folle :

38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
  43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Gesù chiede a noi suoi discepoli una giustizia che superi se stessa nell’amare il prossimo, sempre, e nell’amare i propri nemici. E offre due approcci al comandamento nuovo che non annulla, ma porta a compimento la Legge. Il primo è la “legge del taglione”, occhio per occhio e dente per dente, istituita con l’intenzione positiva di porre un limite alla vendetta. Ma Gesù va ben oltre e rovescia la reazione: proclama un amore travolgente per chi combatte contro di noi

Gesù chiede ai suoi credenti di mettere in pratica il paradosso della nonviolenza: nessuna resistenza violenta al malfattore. E offre tre esempi molto chiari nel loro apparire paradossali: porgere l'altra guancia, lasciare anche il mantello e camminare fianco a fianco con chi ci costringe a farlo. E Gesù aggiunge anche un precetto assoluto: rispondere con generosità a chi chiede aiuto perché “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).

In queste parole c'è già la richiesta di un amore gratuito e unilaterale, un amore che diventa capacità di vincere il male con il bene. Questo viene portato al suo punto estremo nelle parole successive di Gesù sull’amore per il prossimo da dilatare fino ai nemici e ai persecutori. Gesù dà questo comandamento esigente (o impossibile?) con quell'autorità che gli deriva dalla sua stessa vita, dal suo averlo messo in pratica sempre, fino alla sua passione e morte in croce.

Gesù lega strettamente l'amore per i nemici alla preghiera per loro: la grazia della preghiera, infatti, ci permette di vedere chi compie il male verso di noi alla luce del mistero di Dio, lo stesso Dio che ci ha amati mentre eravamo suoi nemici (cfr. Rm 5,6-10). La preghiera può riuscire a rendermi consapevole che il mio nemico è il mio miglior guaritore e maestro, perché rivela gli impulsi egoistici che abitano nel profondo del mio cuore: il mio desiderio di vivere senza o addirittura contro gli altri.

Il secondo approccio a questo amore per i nemici sta davanti a noi come una promessa che comincia a realizzarsi oggi: sarete “figli del Padre vostro che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Sì, diventiamo figli di Dio, “partecipi della natura divina” (2Pt 1,4), a condizione che il nostro comportamento sia simile al suo, frutto di un amore libero e incondizionato che non fa distinzione tra gli esseri umani. E, per rendere evidente questa esigenza radicale, Gesù insiste nel rompere ilcortocircuito della reciprocità, categoria che non ha cittadinanza nella vita cristiana

Infine l’invito a essere perfetti come è perfetto il Padre celeste altro non è che il richiamo a essere coerenti con quella immagine e somiglianza con Dio che ciascuno di noi reca nella profondità del proprio essere. Non un ideale puramente astratto di perfezione morale, ma la riscoperta della nostra identità più vera, il pieno compimento della Legge di Dio.
Da questo comandamento impossibile ci rendiamo conto che essere cristiani non è un’identità, ma una chiamata permanente. Non un’identità da difendere dagli altri, non un’identità di cui andare fieri, non un’identità acquisita una volta per tutte. Siamo chiamati ogni giorno a diventare ciò che siamo: essere cristiani non è un'identità statica, bensì una vocazione impegnativa e meravigliosa.

fratel Guido


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