Perdere
14 marzo 2023
Dal Vangelo secondo Marco - Mc 8,34-38 (Lezionario di Bose)
In quel tempo34convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. 36Infatti quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? 37Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? 38Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi»
Quali sono le parole che più ci colpiscono leggendo questa pericope? Forse: vita, salvare, perdere… Troviamo famiglie di termini che presentano sfumature diverse, ma il concetto è chiaro e ricorre in tutti e quattro i vangeli: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà” dice Lc 9,24. In Marco abbiamo la precisazione: “a causa mia e del Vangelo” (8,35) e Matteo, al posto di “la salverà” dice “la troverà” (Mt 16,25). Infine Giovanni 12,25 dice: “Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.”
Pensando di “salvarsi” ci si può sbagliare completamente e utilizzare le proprie forze per un’azione che invece ci manda in rovina, ci devasta, ci porta a una fine, a uno smarrimento (questo è il valore del verbo greco di Mc 8,35 – verbo frequente, come anche il corrispondente termine ebraico, che indica ogni separazione che porta a una rovina o a una morte - cf. Sal 119,176: “Vado errando come una pecora smarrita”). Nell’ultimo versetto della nostra pericope questo smarrimento prende il nome di vergogna nostra nei confronti delle parole di Gesù e di vergogna del Figlio dell’uomo verso chi si è sottratto al compito umano di “coltivare e custodire” (cf. Gen 2,15) e ha buttato via la propria vita e quello che era chiamato ad essere.
Ancora una precisazione terminologica: al v. 36 (“quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?”) Marco utilizza un altro verbo, contrapposto a guadagnare, che significa provocare una perdita, un danno, darsi una pena o una punizione. Lc 9,25 lo rende con due verbi (ma perde o rovina se stesso).
Dunque voler salvare la propria vita, guadagnare il mondo intero, amare la propria vita in questo mondo producono in realtà l’effetto contrario e portano a una perdita irrimediabile.
Ma questo vangelo ci parla di perdita o di vita? L’invito di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me”, è un invito a trovare la vita, a custodire e far crescere i doni e le potenzialità umane ricevuti, a dar pienezza di senso alle nostre storie. Facendo la scelta di seguire Gesù non guadagneremo il mondo intero, ma troveremo il senso della nostra vita. E “che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?” (v. 37). In cambio o in riscatto non possiamo dare nulla, ma possiamo aver cura di non sciupare ciò che ci è dato.
Questa cura richiede una scelta. È il fatto di scegliere che ci pone davanti alla perdita di altre cose, all’abbandono di cose anche non sempre cattive, e di qui questo linguaggio della rinuncia. La scelta è sempre attaccarsi a qualcosa percepito come migliore e rinunciare a altre possibilità. Si prende la croce per seguire Gesù e non per la croce in sé; si odia, cioè non ci si attacca esclusivamente alla propria vita in questo mondo perché si percepisce già la realtà della vita eterna; si perde la propria vita “a causa di Gesù e del Vangelo” perché si trova già una pienezza di senso e si sperimenta già una comunione che ci appaiono come le cose più preziose e quelle a cui aggrapparci.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me” non è un invito al volontarismo o all’eroismo, ma l’accoglienza di una grazia che dà gioia e senso, aggrappandosi alla quale le altre cose si relativizzano. Tutta la Scrittura è percorsa dal comando di scegliere il bene, scegliere la vita, camminare con Dio, scegliere la benedizione (cfr Dt 30). Anche Gesù nell’ora dell’agonia ha scelto, pur nell’angoscia, la comunione con il Padre come bene supremo e irrinunciabile.
Per questo anche il nostro brano è seguito dal racconto della trasfigurazione - e così tutti i brani paralleli - perché nella croce si possa intravvedere il bene più grande della comunione, della pienezza di senso, della luce, della conferma della voce del Padre.
sorella Raffaela