Imparare a fidarsi del Padre

Foto di serjan midili su Unsplash
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27 marzo 2023

Dal Vangelo secondo Marco - Mc 11,20-26 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 20 Gesù e i suoi discepoli, passando, videro l'albero di fichi seccato fin dalle radici. 21Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l'albero di fichi che hai maledetto è seccato». 22Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! 23In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: «Lèvati e gèttati nel mare», senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. 24Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. 25Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe». [ 26]


Che cosa Gesù ci vuole annunciare, che cosa Gesù ci vuole insegnare? Le sue parole sono sempre allo stesso tempo una rivelazione e un appello, una chiamata a discernere a ad accogliere un dono, la proclamazione di un lieto annuncio e allo stesso tempo la memoria per noi di una responsabilità, perché ogni dono, per diventare generatore di vita, ha bisogno di essere riconosciuto, accolto, custodito e condiviso.

Qual è dunque la buona notizia che Gesù ci rivolge oggi in questa pagina dell’evangelo? Credo che sia anzitutto la rivelazione e la chiamata ad accogliere il dono di una relazione con Dio e con il fratello, dono che ci viene gratuitamente offerto e nel quale siamo chiamati ad entrare, siamo come ospitati, dono di una comunione della quale siamo fatti partecipi.

Così Gesù ci rivela il volto di amore del Padre, al quale possiamo rivolgerci con fiducia nelle nostre preghiere, ci rivela il dono della relazione con lui, alla quale il Padre stesso ci chiama e ci apre, nella quale egli ci invita ad entrare e, se noi lo vogliamo, ci accoglie.

Così Gesù ci dice: non temete di chiedere, non abbiate paura a rivolgervi anche con i vostri balbettii a questo Padre che vi ama; non temete, potete avere fiducia in lui, potete fidarvi, di lui potete fidarvi senza condizioni e senza dubbio di essere accolti.

Anzi, forse Gesù ci rivela che abbiamo bisogno di imparare a fidarci di Dio, che forse molte delle nostre paure derivano proprio dal fatto che in fondo non riusciamo a fidarci di lui, a credere che in qualche modo, in un modo che magari sul momento noi non riusciamo a comprendere, egli si prende cura di noi e, quale buon Pastore, ci guida per sentieri talvolta forse anche impervi e sconosciuti, verso i pascoli della vita.

Non è forse questo il senso profondo del brano che precede, in cui Gesù ricorda anche come il tempio sia casa di preghiera, cioè casa, dimora in cui poter conoscere il dono gratuito della relazione, della comunione con Dio?

Dono della relazione, della comunione filiale con Dio, che apre al riconoscimento della relazione fraterna, poiché la vita degli uomini per essere veramente vita, è tale in quanto apertura al riconoscimento del fratello come dono talmente vitale e prezioso che vale la pena, per custodirlo, anche mettere da parte il male che dall’altro può giungerci, pur di custodire tale tesoro prezioso che il fratello o sorella è, in sé, per noi.

Ecco allora che il perdono è possibile, ma non quale atto eroico buono in sé, ma come accoglienza del dono dell’altro, come disposizione a riconoscere e ad accogliere a qualunque prezzo – come Gesù ha fatto con ciascuno di noi (cf. Gal 2,20 e Rm 5,8) – l’altro in sé come un dono di Dio per noi, fino ad esserne grati, fino a farne eucarestia davanti a Dio.

Forse, per Marco, anche Gesù ora entra in Gerusalemme (cf. Mc 11,27), dove incontrerà la sua passione e morte, con questo atteggiamento interiore. Forse proprio questo per Marco è il filo che sottende e unisce la vicenda di Gesù, fino a quando, risorto, egli riconfermerà, nonostante tutto, la propria relazione con i suoi discepoli (cf. Mc15,14-18), e sarà di nuovo riaccolto definitivamente nella vita presso il suo Dio e Padre (cf. Mc 15,19).

sorella Cecilia


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