“Faccio una cosa nuova: non ve ne accorgete?”
10 aprile 2023
Dal Vangelo secondo Marco - Mc 16,9-20 (Lezionario di Bose)
9Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. 10Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. 11Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.
14Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. 15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
All’indomani della Pasqua ci troviamo di fronte a un brano evangelico controverso nella sua composizione e con particolari sorprendenti nella loro franchezza. Marco a più riprese ci ha narrato la “poca fede”, la “durezza di cuore”, le incomprensioni dei Dodici nei confronti del loro Signore e Maestro, ma oggi ci ricorda che questa incredulità si è spinta anche oltre il sepolcro vuoto, è sopravvissuta alla sconfitta definitiva della morte. Tutti gli apostoli – non solo Tommaso, non solo i due di Emmaus – hanno perseverato nella poca fede anche dopo la resurrezione di Gesù. Proprio gli apostoli, le colonne della chiesa, gli annunciatori del Vangelo “non hanno creduto a quelli che hanno visto il Signore risorto”!
Ma allora è innanzitutto a noi – a noi che ci professiamo cristiani, a noi che ci rifugiamo nel battesimo ricevuto come alcuni giudei si rifugiavano nel loro essere figli di Abramo – è a noi che sono indirizzate queste dure parole che vorremmo confinare in una semplice immagine letteraria: “Chi non crederà sarà condannato!”. Non agli altri, ma a noi Gesù si rivolge in questi termini. Agli altri, a quelli “di fuori”, Gesù si rivolge – tramite noi – annunciando, predicando la buona notizia, cioè la pace, la salvezza, la ritrovata armonia con la creazione e con il Creatore. Credere significa allora credere alla testimonianza di altri che hanno visto e aderire al Signore sulla loro parola: parola umana, debole, ma voce del Signore che opera sempre. Credere ad altri che ci hanno preceduto, aderire al Signore, evangelizzare tutta la creazione: questa la vocazione dei battezzati, questo l’annuncio del Vangelo fino al ritorno del Signore.
E il Vangelo oggi ci propone anche un metodo, un criterio, una prassi per l’evangelizzazione: non strategie ma semplici segni, umili ma prodigiosi perché operati dal Signore e non da noi. Innanzitutto l’andare, il partire, l’uscire: apertura del cuore, delle menti, degli spazi. Arroccati non si annuncia, paurosi non si testimonia, ostili non si comunica. E poi la capacità di parlare al cuore umano, di trovare lingue nuove per una verità antica: parole dense di umanità per narrare la Parola fatta carne. E, ancora, affrettare la venuta del Regno lottando contro il divisore: creare spazio alla signoria di Cristo scacciando gli idoli dal nostro cuore, combattendo il demonio che ci divide dal fratello, calpestando il serpente che si insinua per avvelenare la comunione. Allora anche la malattia, quella malattia per eccellenza che è la durezza e la doppiezza di cuore, sarà sconfitta in virtù della mitezza di cuore di Gesù.
Oggi siamo tentati di dire che “segni” così non se ne vedono più e vorremmo contestare la parola evangelica che il Signore opera ancora oggi con i suoi discepoli e conferma la Parola. Ma se non vediamo i segni non è perché non ci siano, bensì perché noi siamo ciechi, la nostra sclerocardia è divenuta incredulità e, non credendo a quanti hanno visto, non possiamo a nostra volta vedere. Allora è a noi, increduli e ciechi, che il Signore si rivolge, con rimprovero e infinita misericordia: “Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”.
fratel Guido