Fiducia nella Parola di Dio

Foto di Lucas Leonel Suárez su Unsplash
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21 aprile 2023

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 4 31-42 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 3i discepoli pregavano Gesù: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: «Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura»? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».


Secondo una teoria esegetica neanche tanto recente l’evangelo secondo Giovanni conterrebbe i racconti originari delle varie realtà credenti che componevano la comunità del discepolo amato: giudeo-cristiani, samaritani, greci ecc. In particolare nella pericope di oggi troviamo la testimonianza che “molti dei samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna” (v. 39) e “molti di più credettero per la sua (di Gesù) parola” (v. 41). 

Su queste basi possiamo allora comprendere il discorso che Gesù fa ai suoi discepoli sul mietere e sul raccogliere. Gesù infatti esorta a guardare con occhi di fede i frutti della predicazione, i frutti dello Spirito che ancora non sono visibili: “Alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura” (v. 35). Frase che riflette certamente anche lo stupore che i primi cristiani provavano quando i più improbabili ascoltatori, i pagani per esempio, o degli scismatici samaritani nel nostro caso, aderivano gioiosamente al messaggio dei discepoli di Gesù, come testimoniano anche gli Atti degli Apostoli (8,14-17). E Gesù allora afferma che questa adesione è il risultato di una lunga preparazione che la Parola di Dio, e in particolare il messaggio dei profeti, hanno svolto e di cui gli apostoli ricevono i frutti, secondo il proverbio “uno semina e l’altro miete”(v. 37). Anzi dice: “Io vi ho mandati a mietere, ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica” (v. 38). 

Ma la gioia è di entrambi: sia di chi semina, sia di chi miete perché tutti dobbiamo avere bene in mente che il frutto della vita eterna è dono di Dio, azione dello Spirito, e non solo frutto della nostra fatica. Questo lo ricorda un importante testo orientale della notte pasquale, che citando la nota parabola degli operai nella vigna (Mt 20,1-16) dice: “Il Signore concede il premio all’operaio dell’ultima ora come a quello che ha lavorato fin dalla prima”.

Paolo ricorda la stessa cosa ai litigiosi cristiani di Corinto dicendo: “Chi è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere” (1Cor 3,5-6). 

Per noi che viviamo un tempo in cui la fede e la prassi cristiana sembra smarrita questa deve essere una parola di grande consolazione. Il Signore ci invita oggi non ad arrovellarci a faticare su nostre vecchie sementi che sembrano inefficaci, ma a collaborare, anzi a lasciar fare a lui, confidando nella sua Parola, per arrivare a contemplare il bene e la salvezza che già biondeggiano per la mietitura. E tutto questo credendo che lui e lui solo, come dicono quei samaritani, è il “Salvatore del mondo” (v. 42) , cioè il salvatore di quella realtà che nel quarto vangelo è tante volte sinonimo di un male incompatibile con la vita cristiana, ma che Dio nella sua benevolenza non si stanca di amare e salvare.

fratel Raffaele


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