Un incontro portatore di salvezza
24 aprile 2023
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 5,1-18 (Lezionario di Bose)
In quel tempo1 ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, 3sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [ 4] 5Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. 6Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». 8Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». 9aE all'istante quell'uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.9bQuel giorno però era un sabato. 10Dissero dunque i Giudei all'uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». 11Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: «Prendi la tua barella e cammina»». 12Gli domandarono allora: «Chi è l'uomo che ti ha detto: «Prendi e cammina»?». 13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. 14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». 15Quell'uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato. 17Ma Gesù disse loro: «Il Padre mio agisce anche ora e anch'io agisco». 18Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Il racconto evangelico odierno ci conduce presso la piscina di Betzatà a Gerusalemme, dove Gesù si è recato per partecipare a una festa dei Giudei. La scena cui siamo posti di fronte è un quadro di debolezza e di immobilità collettiva: un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici seduti ai bordi della piscina, in attesa. Secondo una tradizione popolare ripresa dall’evangelista, all’agitarsi delle acque, i malati vi venivano calati e il primo che scendeva guariva dalla propria infermità.
In mezzo a questa folla di malati, Gesù scorge un uomo: conosce la sua storia, sa che è infermo da molti anni. Lo “vede” nella sua unicità, lasciandosi toccare nel profondo dalla sua situazione. L’essere visto e dunque riconosciuto è per quest’uomo rassegnato un inizio di guarigione. Proprio su questo lo interpella Gesù, ponendogli una domanda quasi a bruciapelo: “Vuoi guarire?”. La domanda riecheggia quelle poste da Gesù ai suoi interlocutori in altri racconti di guarigione: “Che cosa vuoi che faccia per te?” (Mc 10,51). Qui può sembrare un quesito superfluo, perché l’uomo si trova ai bordi della piscina proprio per questo, ma invece è fondamentale, perché il Signore non può farci nessun dono se noi non lo vogliamo.
La risposta del paralitico è una confessione di impotenza: “Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita”. La parola del Signore ci raggiunge al cuore delle nostre impossibilità e vi si apre un varco, nella misura in cui le facciamo spazio e lasciamo che agisca in noi con la forza della sua grazia: “Alzati, prendi la tua barella e cammina!”. La guarigione operata da Gesù precede la richiesta da parte del paralitico, che non sapeva neanche chi fosse il suo guaritore.
Per quest’uomo il camminare è indizio della ritrovata integrità fisica. È però solo l’inizio di un cammino. Gesù lo incontrerà di nuovo nel tempio e gli affida un compito: “Ecco, ora sei guarito! Non peccare più”. Si rivolgerà allo stesso modo con la donna adultera: “Va, e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11). La guarigione fisica attesta l’opera del Padre che Gesù è venuto ad annunciare e realizzare, ed è segno di una guarigione più profonda che immette la persona in una situazione di nuova vita e lo sollecita alla responsabilità.
Potremmo allora chiederci: dove sta la portata salvifica del segno compiuto da Gesù? Nel modo in cui ha visto quell’uomo e gli ha parlato, lo ha accolto e si è fatto carico della sua situazione, a differenza di chi ha derubricato l’avvenuta guarigione a infrazione della legge (“È Sabato e non ti è lecito portare la tua barella!”), e non riconosce che l’atto di restituire una persona a un’integrità di vita è celebrazione piena del sabato. È un magistero di incontro dell’altro che Gesù affida a noi oggi, attraverso cui possiamo accendere una scintilla di fiducia e speranza in chi incontriamo.
fratel Salvatore