Lo Spirito ci insegna a non vivere per noi stessi
23 maggio 2023
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 15,26-16,15 (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù disse: « 26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. 1 Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto.
Non ve l'ho detto dal principio, perché ero con voi. 5Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: «Dove vai?». 6Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. 8E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9Riguardo al peccato, perché non credono in me; 10riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; 11riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato.12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà
Nel prosieguo del lunghissimo discorso fatto nell’intimità ai suoi discepoli appena prima di venir tradito, consegnato e crocifisso, Gesù vuole aiutarli a non restare scandalizzati della sua passione, e poi anche della loro, visto che “Nessun discepolo è più grande del suo maestro e nessun servo è più grande del suo padrone” (Mt 10,24) e “Verrà l’ora in cui chi vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16,2).
Mentre il Dio d’Israele nella Torà ci vieta di uccidere persino Caino (cf. Gen 4,15), la religione sa giungere all’assassinio come culto reso a Dio. Gesù annuncia qui la sempre incombente mutazione della fede nella parola di Dio - sacramento del suo amore liberante per no - nel fenomeno religioso che, pervertendone il significato, schiavizza gli umani invece di liberarli. E la storia del mondo è una spaventosa testimonianza di questa violenza della religione profetizzata da Gesù.
In queste parole di commiato, Gesù dice anche: “È bene per voi che io me ne vada” (Gv 16,7), parole che, dette da chi li sta lasciando a coloro che ama molto, sono la più grande valutazione della propria assenza, nella fiducia che Dio avrebbe continuato a renderlo presente nel mondo attraverso la sua parola e il suo Spirito.
E questo bene (“è bene per voi che io me ne vada”)è la venuta del Consolatore: un nome meraviglioso dello Spirito di Dio, che è così chiamato in relazione innanzitutto alla nostra fragilità e cecità umana di peccatori, delle quali solo lui sa convincerci mentre ce ne consola.
Dovremmo lasciarci interrogare da questo: che non sia il volto giudiziale di Dio a convincerci di peccato, ma lo Spirito Consolatore. Che solo lui lo possa in modo così benigno, mite, amoroso. Perché egli vede nei peccati la nostra malattia, il nostro dolore, e ce ne consola; perché dei nostri peccati abbiamo bisogno di essere consolati ancor più che perdonati: infatti, facendo del male ad altri, lo facciamo sempre anche a noi stessi. Lo Spirito è chiamato il “paraclito”, ossia “avvocato”, ma perché l’incontro con Dio non evochi in noi un tribunale umano, il termine è ben reso in italiano con “consolatore”.
E poi Gesù fa una grande rivelazione: anche lo Spirito santo, come Gesù, non parla da se stesso (cf. Gv 16,13), non annuncia se stesso, ma colui che lo ha inviato (cf. Gv 5,30; 8,28; 12,49). Questa è una rivelazione cruciale di ciò che è divino: al contrario di ogni nostra immaginazione idolatra, che fa del proprio io l’idolo, divino è lo svuotamento di sé, il non essere al centro di se stessi, l’annunciare le parole e la presenza di un altro da sé. Perché “chi parla da se stesso cerca la propria gloria” (Gv 7,18), mentre amare è sempre cercare la gloria dell’altro/a. È l’accoglienza dell’altro in sé, farsi bocca della sua parola e non della propria, è percepire l’altro come pienezza di senso per la mia vita, e orientare la mia a lei o a lui.
Per quel po’ che, tramite queste parole di Gesù, riusciamo a intuire della vita del nostro Dio - il Dio d’Israele e di Gesù - ci sentiamo come messi a testa in giù, perché è il contrario di ogni nostra immaginazione. “Dio è amore” (1Gv 4,16) e in questo si invera,nella vita umana di Gesù e nella nostra: nel non vivere per se stessi e di se stessi, ma a favore, a servizio dell’altro/a, ricevendo gioia e gloria da questa vita ospitale, vivendo e comunicando questa gioia che non tramonta.
sorella Maria