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O Pai nosso dos não-crentes


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Neppure i genitori degli altri bambini erano presenti, e dunque doveva essere indifferente la localizzazione di quel padre specifico. Ma quel che il bambino voleva esprimere possiede un'altra dimensione. In realtà, si dibatteva in questo modo: «Mio padre non è ancora sufficientemente forte dentro di me, come immagine, per poter lottare se non si trova al mio fianco. Mio padre è lontano, e sono, di conseguenza, un essere più fragile degli altri, non mi sento capace di affrontare il rischio… Sarebbe stato necessario che questa presenza fosse sufficientemente stabile e irradiante dentro di me».

Vi ricordate quando eravamo bambini e ci vergognavamo di guardare gli estranei? Senza il babbo o la mamma, vicini, non sapevamo fare un passo, camminavamo attaccati ai loro vestiti, ci alimentavamo della loro prossimità. È un po' paradossale, ma è così: abbiamo cominciato a guadagnare autonomia in relazione ai genitori quando loro hanno cominciato a collocarsi, in modo sicuro, dentro di noi. Era questo che mancava al bambino della storia precedente. L'assenza del padre dentro di sé lo paralizzava.

Per la maggior parte delle persone non ci sarà stato mai che un interlocutore: il padre o la madre. Figure preponderanti per la loro presenza o assenza, che liberano o schiacciano la vita con tutto il peso di ciò che essi non hanno saputo essere o dare. «Guarda quel che faccio! È per te, è per ottenere il tuo amore, è affinché finalmente tu volti i tuoi occhi verso di me, affinché tu mi dia con la piena luce dei tuoi occhi la certezza, la conferma che io merito di esistere». (...)