La melagrana tra vita e morte

 

Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna, particolare
Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna, particolare
La melagrana era l'attributo di Persefone, che l'aveva mangiata agli inferi, dopo che Plutone gliela aveva donata, facendola divenire sua sposa. Demetra, madre di Persefone, per riportare sua figlia nel mondo dei vivi chiese l'intervento di Giove, che stabilì che Persefone sarebbe rimasta per sei mesi nell'oscuro regno del suo sposo e i restanti sei sarebbe tornata con sua madre.
Questo mito esprimeva il mistero della maggior parte dei semi, che restano nel buio della terra per metà dell'anno e poi fanno nascere una pianta, dei fiori e dei nuovi semi.
Nell'antichità pagana, in base alla sua ricchezza di semi, era anche il simbolo simbolo della vitalità e della fecondità. Attributo delle divinità della vegetazione e di Afrodite, come di Giove e di Ermete, analogamente anche nell'AT diviene sia segno d'amore sia segno della benedizione divina; nell'esegesi allegorica dei Padri della Chiesa indica la Chiesa e la ricchezza dei suoi martiri e dei suoi misteri.
I cristiani videro in questo frutto un simbolo di Resurrezione e lo adottarono a partire dal IV secolo, come elemento tipico della decorazione musiva, come testimoniano i mosaici delle volte a botte del mausoleo di Galla Palcidia a Ravenna. La melagrana aperta con la pienezza dei suoi semi è attributo dell'amore misericordioso che si dona.
E' un simbolo che possiamo ritrovare in rappresentazioni di madonne come simbolo di fertilità, ma anche di dono della vita in mano al bambino.

La redazione di Agribose