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Jendi saint


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Questo gesto della lavanda dei piedi, segno di un servizio all’altro, segno di umiliazione personale riguarda tutti: riguarda noi monaci e riguarda anche voi, amici e ospiti. È vero che nella liturgia lo compie solo chi presiede la chiesa o la comunità monastica, e certamente lo fa, se pur indegnamente, a nome di Cristo, per ricordare l’abbassamento del Kýrios, l’atteggiamento di Dio verso ciascuno; ma poi, secondo la volontà di Gesù, questo gesto dovrebbe essere compiuto dalla comunità tutta, dai cristiani tra di loro, dovrebbe essere un gesto reciproco.

Ora chi presiede lo compie, a nome del Signore, per raccontare chi era Gesù, come inveramento del suo esempio; ma lo compie anche per dire che il rapporto fraterno nella comunità cristiana è dato dal servizio dello schiavo o dall’affetto del discepolo verso il maestro, del figlio verso il padre. È un gesto dunque che noi reiteriamo perché Gesù ce lo ha chiesto, per il suo comando, alla stessa maniera con cui rifacciamo il gesto sul pane e sul vino. Che il Signore ci conceda di accettare questo suo gesto. E soprattutto ci conceda, attraverso questo gesto, di modificare la nostra immagine di Dio e di accogliere il suo amore: un amore che non dobbiamo meritare perché ci previene, un amore che non chiede neppure reciprocità, ma chiede solo di essere accolto e creduto. Perché noi cristiani dobbiamo essere, secondo la volontà di Gesù, nient’altro che quelli che credono all’amore (cf. 1Gv 4,16).

Omelia di ENZO BIANCHI, priore di Bose