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Sì, la città va anche letta positivamente, e non ha alcun senso la nostalgia di un mondo senza città, non ha senso la fuga urbis che a molti cristiani appare la forma moderna della fuga mundi, come se la mondanità il cristiano non la portasse dentro di sé ovunque abiti... La verità è che la città, rappresentazione dell’umanità tutta nella sua socialità, come le altre «opere» delle nostre mani può essere da noi costruita nell’autosufficienza da Dio, nell’ingiustizia tra noi uomini, financo nell’uccisione del fratello: può essere costruita in vista del dominio e del totalitarismo.

Ogni città è insieme Babilonia e Gerusalemme, e per questo è parabola dell’umanità nella sua dimensione sociale, collettiva: è la nostra città, Babel ieri, e poi Ninive, quindi Roma, Berlino, Mosca, New York... Sì, la nostra città oggi è città secolarizzata, molteplice, eterologa, luogo comune di tutti, campo della vita pubblica, spazio in cui trovare i valori comuni. Qui si incontrano e si scontrano uomini e donne cristiani, non cristiani, non credenti, che devono trovare il modo di dare alla città un ordine, un volto in nome di un umanesimo che afferma che ciò che fa l’uomo è l’uomo! Certamente, nella nostra città sono presenti anche la violenza, l’odio e soprattutto il misconoscimento, la dimenticanza, l’ignorare chi sta alle soglie della città o addirittura sullo stesso pianerottolo del nostro medesimo condominio...
Ma è in questa città, e non in un’altra immaginaria, che anche i cristiani vivono! Ricordate l’A Diogneto? «I cristiani non abitano città loro proprie ... abitano città greche o barbare, come a ciascuno è toccato in sorte» (2), e dunque stanno nella polis, ne fanno parte, sono cittadini e, senza esenzioni e in solidarietà con gli altri uomini, possono decidere di assecondare la costruzione di una città come Babel oppure tentare di edificare la città con un altro volto. Tra la prima città, il cui nome è Enoch, figlio di Caino (cf. Gen 4,17), e la città promessa da Dio, il cui nome è «il Signore è là» (cf. Ez 48,35), c’è un cammino da compiere da parte dell’uomo, un cammino lungo e tortuoso nella storia, ma un cammino che può predisporre quanto è necessario alla discesa della città celeste il cui nome è «sposa dell’Agnello» (cf. Ap 21,9).